«Ci sono troppi casi gravi e noi qui non abbiamo strumenti, non abbiamo legna per scaldarci, siamo circondate dal fango e i topi rosicchiano le lenzuola dei feriti, che stamattina avevamo cambiato. Siamo stanche».
Riporta più o meno così, con questi toni misti tra disperazione e voglia di fare di più, una delle tante lettere delle crocerossine che, durante la Grande Guerra, diedero grande prova di amore per il prossimo, cercando di salvare o, nei casi più gravi, di allietare le sofferenze dei tanti soldati feriti sul fronte. Un impegno di cui abbiamo testimonianza solamente dalle lettere inviate alle famiglie.
Di questo e tanto altro si è parlato venerdì nell’incontro “Una svolta di genere. Donne e Grande guerra”, organizzato dalla sezione di Bitonto della Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni Affari), in collaborazione con il Comitato “Bitonto onora i suoi caduti”, il Centro Ricerche Storia e Arte Bitonto e la Fondazione De Palo – Ungaro, con il patrocinio del Comune di Bitonto.
Le donne ebbero un ruolo da protagonista negli anni della Prima Guerra Mondiale. Per sostituire gli uomini partiti per il fronte, furono costrette ad uscire di casa, a far cose tradizionalmente di competenza maschile. Lo fecero per necessità e per la prima volta senza essere criticate. Diventano sarte, operaie, infermiere eccetera. E ci mettono entusiasmo, per aiutare l’uomo impegnato al fronte.
E di questo entusiasmo, di questo spirito di dedizione fu testimonianza il lavoro della Croce Rossa e delle crocerossine, come ha spiegato Elena Gaudio, presidente della Fidapa di Bitonto: «Era una vera e propria missione per loro. Una missione che prevedeva la cura e il sollievo di tutti i feriti, a prescindere dal colore della divisa. In alcuni casi, non avendo avuto il permesso per partire, avevano mentito alla famiglia».
Una missione difficile, dunque, in cui l’obiettivo era «dare sollievo a quei poveri ragazzi abbandonati nei loro letti di dolore», come recita un’altra lettera scritta da chi quel dolore lo vedeva con i propri occhi sui corpi straziati di ragazzi mandati al fronte senza che ne comprendessero a pieno le cause. Ragazzi strappati alle terre natìe, alle famiglie, per combattere su terre ignote, insieme a commilitoni con cui non riuscivano a comunicare per via della non conoscenza della lingua italiana e dell’incapacità di comprendere i vari dialetti parlati. Ragazzi mandati a morte certa, senza speranza, morti che camminavano, la cui triste consapevolezza emerge dalle epistole inviate ai propri cari, per salutarli.
«Apprendiamo dell’impegno delle tante soccorritrici della Croce Rossa solo dalle missive. Nessun libro ne parla. Sembra che queste donne non esistano» continua Elena Gaudio.
Oltre alla lettura delle lettere e ai momenti musicali, durante l’incontro c’è stata anche la performance diretta da Anna Argentieri, con la partecipazione del gruppo teatrale “Polvere di stelle” e il gruppo musicale “Massimo Comune Multiplo”, che ha curato i momenti musicali con le musiche dell’epoca e le canzoni che, nei decenni successivi, hanno ricordato la tragedia della Grande Guerra. Presenti all’evento, da parte dell’amministrazione il sindaco Michele Abbaticchio e l’assessore Rocco Mangini.