Il rapporto con sua madre, la vita privata di quest’ultima, la sua voglia di aiutare i bambini meno fortunati, grazie all’Unicef. Di questo e tanto altro ha parlato venerdì scorso Sean Hepburn Ferrer, figlio di Audrey Hepburn e Mel Ferrer, ospitato al Teatro Traetta per presentare il suo libro “Audrey Hepburn. Un’anima elegante”, edito da Tea Edizioni. Ad intervistarlo, il giornalista Lino Patruno.
Un libro nato dalle conversazioni avute con la madre, nei suoi ultimi giorni di vita, trascritte poi in alcune lettere realizzate per far conoscere ai suoi figli la sua figura. I proventi della vendita del libro saranno devoluti all’Unicef di cui Sean Hepburn è ambasciatore.
«Come è stato essere figlio di Audrey?» è la domanda di Lino Patruno.
«La grande fortuna è che è stato assolutamente normale – ricorda l’ospite – Una volta che, andando a scuola, non avevo più modo di viaggiare insieme, rendendosi conto di non riuscire ad essere attrice e madre allo stesso tempo, ha lasciato la carriera. Dopo tanti anni, quando io e mio fratello siamo cresciuti, ha iniziato la sua attività nell’Unicef, fino alla morte (avvenuta nel 1993, all’età di 63 anni, a causa di un tumore, ndr)».
«L’enorme folla al suo funerale ci fece capire quel che aveva lasciato nell’animo delle persone» continua Hepburn Ferrer, che rispondendo alle domande del giornalista sul periodo vissuto dall’attrice sotto il regime nazista, in Olanda, afferma: «Prima si sapeva chi era il nemico. Oggi non più. Si parla tanto dell’Isis, ma nessuno dice chi li ha armati. Non esiste onestà nell’informazione».
E sulla propria attività nell’Unicef dice: «L’Unicef è l’unica associazione in grado di creare corridoi umanitari in Sudan, o di entrare a Burma quando, a seguito dell’ tsunami di qualche anno fa, il governo chiuse le frontiere per evitare atti di sciacallaggio. È una delle organizzazioni che meglio spendono i soldi ricevuti. Come diceva mia madre, dal dopoguerra la situazione è migliorata, muoiono meno bambini e le nuove tecnologie permettono cure più immediate».
«Ma come era Audrey nella sua vita privata?» domanda l’ex direttore della Gazzetta del Mezzogiorno.
«Mia madre non si è mai definita bella o speciale. Si reputava un pacchetto di imperfezioni che funziona. Noi invece le dicevamo che era un perfetto pacchetto di imperfezioni. La sua grandezza è che è stata sempre lei. Scoperto uno stile che le si confaceva, l’ha conservato» è la risposta dell’ospite, che sulla carriera cinematografica della genitrice aggiunge: «Non credo che ci sia un film preferito. Ha fatto pochi film, rispetto ad altre attrici con una carriera più importante, come Elisabeth Taylor. Ma ognuno di quei ruoli le ha permesso di accrescere esperienza e amicizie. Un film che non le è piaciuto è “Insieme a Parigi”, mentre fu delusa da “Verdi dimore”, diretto da mio padre. Mio padre era un buon produttore, ma non un buon regista e non avrebbe dovuto dirigere quel film».
L’ospite ha parlato anche del rapporto con suo padre, Mel Ferrer, primo marito dell’attrice e anche lui attore: «Soffriva perché la sua stella era in calo, mentre quella di mia madre era in ascesa. Era costretto a vivere dietro le quinte».
«Hai mai pensato di fare l’attore?» è l’ultima domanda di Patruno. Al quale Hepburn Ferrer risponde di no, ricordando il consiglio dei genitori di evitare quel mestiere.