Dal terribile incidente sull’autobus, in quel fatidico 17 settembre 1925, all’amore tempestoso per Diego Rivera, passando per gli impietosi autoritratti e le sue opere mistiche e visionarie: la vita di Frida Kahlo -una delle pittrici più rivalutate e amate al mondo, perché “icona della modernità”- calca il palcoscenico del Teatro Traetta, venerdì 29 gennaio.
“Quello che l’acqua mi ha dato” è il nome dello spettacolo, che s’inspira all’omonimo quadro dell’artista. Tra passione, sogno e fantasia, gli spettatori percorreranno un viaggio alla scoperta dell’artista, ritrovandovi innumerevoli spunti per scavare nella propria interiorità e interrogare sé stessi.
A interpretare Frida -nella sua doppia veste di creatura assetata di vita e donna feconda di arte- e è l’attrice bitontina Rossella Giuliano, per la regia “illuminata” di Nicola Vero.
Misurarsi con un personaggio complesso come Frida Kahlo non è mai facile. Com’è nata, Rossella, l’idea di dedicarle uno spettacolo?
È stata una necessità. Non ho scavato a fondo in questo “bisogno”. Direi che è nato per istinto, legato probabilmente a qualche strana coincidenza. Frida è inondata di bellezza, una creatura suprema. Un fiore che, in un particolare momento della mia vita, non potevo fare a meno di fotografare con parole da portare in “scena”. Capita, alcune volte.
Come ha ricostruito la vita dell’artista e qual è l’aspetto che più l’ha emozionata?
Ho letto di tutto e di più. Una vita molto interessante, unica. Frida era pervasa da una profonda inquietudine che le ha permesso di osare sempre, di elevarsi, di contemplare spazio, tempo, vita, arte. Ciò che più mi ha emozionato di lei? La sua sete di vita e di amore.
Cosa vorrebbe comunicare al suo pubblico con questo spettacolo?
Che non bisogna aver paura di conoscere sé stessi attraverso tutte le occasioni che la vita ci offre. Scavare, scavare profondamente nel nostro animo: è un’esperienza dolorosa, ma liberatoria. Al pubblico narrerò la storia della vita di Frida e dei suoi quadri. Prima di essere artista, Frida è stata madre mancata, donna amata e tradita, cervo ferito, colonna spezzata, figlia e sorella delusa, radice aggrovigliata, terra, poesia e mille colori insieme. Insomma, una icona della modernità.
Cosa dobbiamo aspettarci dalla regia di Nicola Vero?
Non posso svelare nulla, se non dirvi che lavorare con Nicola continua ad essere una bellissima esperienza. È un regista “illuminato” da immagini fantastiche, ma nel contempo molto pratico.
La emoziona andare in scena nella sua città?
Sono sempre molto agitata prima di uno spettacolo a Bitonto, ma non riuscirei a non farlo. La amo con tutte le sue contraddizioni. Io ho scelto di fare teatro rimanendo principalmente nella mia “amara” terra, al Sud. Non è mai stato semplice ma è così. Una sfida che dura da più di vent’anni e non mollo.