Entusiasmo e volontà. Due
qualità che si leggono tra le righe.
È stato presentato ieri, presso
la Galleria Nazionale della Puglia Palazzo Sylos Calò, il libro “La memoria e l’oblio in Albania” di Kesiana Lekbello. Moderatore
dell’incontro è stato il professore Girolamo Devanna.
L’autrice, studiosa
dell’arte e dell’architettura e Docente di Storia dell’Architettura presso
l’università “Albania” di Tirana, ha affrontato i due nodi tematici che più
emergono nel suo libro: la manipolazione del periodo storico dal 1939 al 1946 e
l’imperizia dei Beni culturali e paesaggistici che connota la sua Albania.
Una riflessione meditata quella
che porta Kesiana Lekbello a criticare le pecche del suo Paese.
Una Nazione con una storia intricata giunta all’agiatezza
economica e all’ “equilibrio” democratico, eppure ancora così ricca di
contraddizioni.
«Tutto è partito dal pensiero di come parlare dell’Albania. Oltre al
boom economico, come devo leggere il contesto sociale e culturale? Cosa
intendono gli albanesi per “valorizzazione dei beni culturali”?. Un bene
culturale non è solo un dipinto all’interno di un museo ma anche ciò che
abbiamo fuori; sono le nostre vallate, le nostre montagne». Ai suoi interrogativi
l’autrice risponde considerando un atteggiamento purtroppo troppo diffuso in
Albania: l’abusivismo.
Per fortuna non si tratta
di un attacco alla sua Nazione come forma di diniego sulla scia di Carla Bruni,
o di una sterile polemica anticonformista, tutt’altro.
Il forte senso di
appartenenza al proprio Paese, congiunto alla passione
per la bellezza del patrimonio artistico, inducono la studiosa Lekbello ad
avvertire la valorizzazione dei beni culturali come l’unica garanzia per
salvare la memoria storica dell’Albania.
Consapevole
dell’importanza di avere un’identità nazionale e della funzione civile del
patrimonio artistico, l’autrice sente l’obbligo di ammonire la sua Albania. Un
rimprovero costruttivo per non rischiare che al di là di quel boom economico,
l’Albania viva in un eterno oblio.