Lunedì e martedi decine di migliaia di italiani hanno preso parte alle prove preselettive per l’accesso al TFA sostegno. Sono stati due giorni intensi in tutte le Università italiane: lunedì mattina la prova per la Scuola dell’Infanzia, mentre nel pomeriggio quella per la Scuola Primaria. Invece, martedì, prima c’è stata la prova per la Scuola Secondaria di I grado, e successivamente quella per il II grado.
Già da lunedì, da più parti, specie dalle testimonianze dirette di alcuni studenti che hanno preso parte alla prova concorsuale, ombre e perplessità sono state allungate sulle modalità di svolgimento delle stesse e sulla loro regolarità. Addirittura già nel pomeriggio di lunedì è emerso il grande caos che si è verificato proprio all’Università di Bari, nel corso della prova per la Scuola Primaria: infatti, il test è stato annullato e rimandato a data da destinarsi perché all’apertura del plico della CINECA (società che ha organizzato i test proposti), alle prime venti domande – che riguardavano e richiedevano la comprensione di quattro testi – mancavano appunto i testi da analizzare. Insomma, una prova monca di alcune sue componenti. La prova dapprima è stata fatta svolgere regolarmente, escludendo le prime venti delle sessanta domande previste, poi al termine è stata annullata, scatenando l’ira dei concorsisti, pronti chiaramente a fare ricorso e chiedere giustizia. Anche perché non pochi sono coloro che hanno dovuto prendere permessi da lavoro, macinare tanti chilometri o spendere tempo nelle ultime settimane per studiare e prepararsi al meglio.
Ma il problema non è stato risolto nel migliore dei modi, a distanza di poche ore. Perché all’indomani, la consegna dei testi da analizzare è avvenuta con un foglio volante esterno al plico di CINECA: non il massimo della correttezza, della legalità, della garanzia, della sicurezza.
Ma non è tutto, perché tante sono le segnalazioni – che giungono da tutta Italia – su numerose disfunzioni che si sono verificate prima, dopo e durante le prove.
Su tutti, gli argomenti del test: più che una prova per individuare i futuri prossimi docenti di sostegno specializzati, a molti è apparso un test di cultura generale con pochi argomenti aderenti per davvero a quelli richiesti nel bando e per i quali gli studenti si sono preparati. Una ulteriore beffa per gli studenti, che hanno seguito corsi preparatori, acquistato libri e studiato ore e ore temi che poi si sono sostanzialmente rivelati inutili ai fini della prova. Insomma, speso soldi e tempo probabilmente inutilmente, per poi vedersi costretti a dare risposte “ad intuito”, “a naso”, o come qualcuno ironicamente ha sottolineato, “a sentimento” e “con creatività”, quest’ultimo uno degli argomenti di studio.
Sotto discussione anche l’organizzazione: c’era un regolamento ben preciso, che prevedeva la consegna in un bustone celeste (quello di solito usato per la spazzatura, per intendere, ndr) di zaini, effetti personali, giubbotti, indumenti in eccesso, telefonini rigorosamente spenti, penne, foglietti di ogni genere) per poi passare da un metal detector, portando con sé solo un sacchetto più piccolo contenente al massimo una bottiglietta d’acqua, fazzoletti ed eventuali medicinali, e soprattutto il documento di riconoscimento e la ricevuta dal pagamento per l’accesso alla prova. Fin qui nulla di sconcertante e soprattutto tutto abbastanza chiaro, se non fosse che una volta consegnato, chiuso, sigillato e depositato il bustone celeste con conseguente consegna di un tagliando per il ritiro a fine prova, è iniziato un andirivieni incontrollato e poco chiaro da parte di molti studenti che, violando palesemente le regole, chiedevano ed ottenevano il consenso a riaprire il bustone per recuperare il giubbotto o altri effetti personali. La domanda dunque che sorge spontanea è: a che serve fare delle regole se poi qualcuno può violarle e altri non le fanno pienamente, ugualmente, rispettare? E soprattutto, a che serve rindossare un giubbotto in un’aula ampiamente riscaldata e sufficientemente idonea ed accogliente per affrontare l’esame? Perché riaprire il bustone per spegnere dei cellulari che sarebbero già dovuti essere spenti? Perché poi non ripassare dal metal detector ma sorvolare sui passaggi successivi, mentre il passaggio dal lettore si richiedeva di ritorno dal bagno, dove tra l’altro i concorrenti venivano accompagnati fino alla “tazza”, quasi violando la privacy?
Ed ancora. Ci sono Università in Italia che in queste ore stanno già pubblicando i risultati delle prove, in tempi celeri e all’avanguardia, con l’ausilio di un lettore ottico. Chiaramente anche per consentire ai “fortunati” di potersi poi preparare adeguatamente, in tempi ragionevoli, alla successiva prova scritta. A Bari ciò non è possibile: i risultati, infatti, sono attesi per il 9 maggio, ovvero una settimana prima dell’esame scritto. In un’era come quella attuale, della tecnologia, che altrove funziona e a Bari no, sembra un ritardo onestamente inconcepibile ed incomprensibile. E che danneggia sicuramente i candidati, costretti a studiare non sapendo il proprio destino, in attesa di giudizio.
Insomma, un percorso lungo, tortuoso ma ricco di incognite. Perché tutte queste disfunzioni e così tanta inefficienza a discapito delle centinaia di migliaia di euro che ogni università ha intascato per organizzare queste prove selettive? Perché non è stata garantita ampia regolarità e uniformità sia nella consegna delle prove che nella gestione organizzativa dei concorsisti?
E poi un’ultima riflessione, questa volta più di tipo antropologico e sociale. Solo all’Università di Bari, per tutti i quattro gradi di istruzione, sono pervenute ben 5200 domande, nella sola Puglia (considerando anche le Università di Foggia e Lecce) quasi 14 mila domande. Su un totale regionale di 1240 posti banditi. Pertanto la domanda sorge spontanea, dinanzi a numeri così esorbitanti: davvero si tratta della vocazione per l’insegnamento ed in particolare per una pratica così nobile come quella del sostegno o semplicemente è la strada per il tanto famoso “posto fisso” che oggi manca maledettamente nel nostro Paese? Qui però nessuno può rispondere, se non la coscienza di ciascun candidato…