“Chi è che ha pagato per tutti?” domanda in principio don Alberto d’Urso, vicario episcopale della diocesi Bari – Bitonto durante la cerimonia per il trigesimo della povera Anna Rosa Tarantino, barbaramente uccisa il 30 dicembre scorso.
«Non possiamo guardare Cristo sulla croce, guardare il suo sacrificio senza pensare che il suo corpo è la sua Chiesa, siamo tutti noi – commenta –. Da Bitonto, da questa cittadina vedo una scarsa reazione ai fatti accaduti e questo mi preoccupa molto».
«Cristo ha cominciato ad evangelizzare la sua Chiesa dopo che Giovanni Battista fu ucciso da Erode, uomo spregiudicato che non conosceva nessuna regola della vita, nessuna regola del rispetto della verità. Il Signore ha pagato per tutti, ma tutti siamo chiamati a pagare se vogliamo una storia diversa, anche con la vita, se vogliamo un cammino diverso».
Questi fatti devono farci porci delle domande. «La tragedia della nostra Anna Rosa, ci ha portati in una Bitonto blindata da Forze dell’Ordine che mirano a scoraggiare il malaffare: se non uccidono con le armi, uccidono con le droghe, la paura, l’usura, la calunnia, la prepotenza, occupando il territorio per i loro sporchi interessi».
Questi fatti ci interrogano anche come credenti. «Dobbiamo riportare la pace nel cuore, per amore delle creature fatte ad immagine del Padre: non si può accettare questa cultura disumana. Gesù è venuto a vincere il demonio e chi era presente, deve aiutare, deve essere illuminato dal Signore».
«Le armi del denaro disonesto fanno sempre del male: Gesù però ci è vicino e ci aiuta a purificarci da queste persone immonde. Il loro posto non può essere Bitonto: questa città deve risplendere».
Dovranno rispondere alla giustizia, alla legge, ma anche «alla giustizia divina: mi auguro che questi peccatori, che offendono Dio e la dignità di ogni persona, comincino ad ascoltare Cristo e ad accogliere l’invito al pentimento. Auguriamo loro la conversione e la leghiamo alla domanda: Cosa vogliamo fare del Vangelo? Vogliamo che ci insegni a vivere e a saper vivere».
La storia di Bitonto è legata «alla religione, alla parola autorevole di Gesù: riprendiamola tra le mani e facciamola risuonare alle orecchie dei nostri fratelli. Sarebbe triste constatare che Dio venga messo alla porta, alla porta della nostra città cristiana. Salvaci, Signore, da un futuro triste e aiutaci a cominciare a seminare semi di speranza. Semi di formazione per i figli di chi fa parte della malavita organizzata, semi di dialogo e collaborazione concreta con le istituzioni, semi di speranza verso chi è debole e con le persone che vivono una incredibile storia di sofferenza, come i parenti della signora Tarantino».
E conclude: «Vogliamo vivere e abitare in una Bitonto non blindata, ma fraterna, con Maria Immacolata che ci aiuti a diventare uomini di ascolto con un futuro di solidarietà, nel manto dell’incontro e della vita».
«La comunità questo mese è stata particolarmente sofferente e scossa – ha dichiarato il sindaco Michele Abbaticchio -. Mi sento di dire che noi non saremo mai quelli di prima dopo il 30 dicembre».
Negli occhi soprattutto dei più giovani «stiamo leggendo una consapevolezza che sicuramente deve essere valorizzata al meglio per porre le azioni, a cui faceva riferimento don Alberto prima, che possano metterci in grado di cambiare in meglio questa società. Una consapevolezza che oggi riguarda una tragedia, riguarda la perdita di una vita umana, riguarda la causa della perdita di una vita».
L’impegno di tutti noi «sarà trasformare quella consapevolezza in una consapevolezza di vita diversa, di scelte di vita diversa rispetto a quella che sembrava o sembra aver segnato per sempre il nostro futuro».
«Il lascito di Anna Rosa sicuramente può nascondersi in tutte quelle vite che saranno salvate dal suo sacrificio – ha concluso -. In tutti quei ragazzi che cambieranno percorso, che sceglieranno di cambiare, perché la sua vita è stata brutalmente strappata dal punto di vista civico, donata dal punto di vista cristiano ad una causa in cui il bene e il male sembrano confondersi».