Il ricordo della nipote Miryam.
Caro zio,
sei stato un essere umano unico nel suo genere. Hai portato in te il fiore più bello e l’eredità più vera dei nonni, delle adorate zie e degli zii: l’essere squadra e famiglia.
Qualcosa che ti permette di non sentirti solo neppure nel punto più buio del mondo.
Ed ora che l’incredulità, lo sgomento, la disperazione lasciano ogni tanto spazio alla rassegnazione, prego che tu sia in una splendida luce fulgida. È che tu hai meritato tutta la bellezza che la vita ti ha dato e meritavi tanto altro tempo di impegno e amore.
Ho una punta di risentimento verso questo cielo strano, ma sono felice, davvero felice di aver trascorso tanto tempo con te nelle nostre interminabili giornate familiari.
La tua cultura, la tua passione professionale e l’amore infinito per l’intero creato hanno fatto di te una persona impossibile da non ascoltare. Si poteva solo imparare, colloquiare, confrontarsi.
Ti sei sempre dato agli altri, trascurando molto di te stesso. Avevi gioie genuine, incomprensibili ai più, in questo mondo così consumistico e veloce, tu amavi osservare le stelle, stare insieme davanti ad una tavola imbandita e sentire che il mondo era in fondo una cosa semplice.
Avrei tante cose da raccontarti, vorrei dirti che Ettore e Carmen sono due ragazzi forti e temprati dalla vita e che, con il tuo volto nel cuore, cammineranno per la loro strada senza smarrire la traiettoria perché tu e zia avete dato loro questo esempio.
È dalla rottura delle acque che sei arrivato su questa terra e le acque ti hanno riaccolto, figlio del tuo amatissimo Sud.
Il dolore, caro zio, ci attraversa con ondate di morsi uterini che vanno e vengono ma sapremo ritrovarti nelle piccole, grandissime, cose che ci hanno accomunato.
Quando guarderemo il Rocciamelone, nelle sue venature e nelle sue rughe montane, vedremo il tuo volto dal sorriso buono e quando guarderemo Anna, con il suo volto paffuto e i capelli boccoluti e ribelli, ritroveremo i tratti che entrambi avete ricevuto in dono da nonna Titina.
Zio grazie, perché mi hai insegnato che – crescendo – si ha più piacere nel mettere da parte i propri piccoli problemi, per fare spazio alla risoluzione di quelli altrui. Noi tutti siamo particolarmente predisposti a questo dono, ma il Signore l’ha profuso in te in grande quantità.
Grazie perché, senza saperlo e senza volerlo, mi hai dimostrato che nella vita l’importante è avere la pace nel cuore, nonostante fuori ci sia la guerra, il dispiacere, l’errore.
La nostra famiglia non sarà più la stessa senza di te.
Maria Grazia dice sempre che noi Procacci siamo una squadra “come i cellerini allo stadio”: siamo indivisibili nel bene e nel male! Ora abbiamo perso un’ala di inestimabile valore, nel modo più inaspettato e per questo nel modo peggiore possibile; nessuno potrà colmare questo vuoto, nessuno potrà sapere quali siano stati i tuoi ultimi pensieri, le tue ultime speranze.
Nel mio cuore prego che il passaggio sia stato per te lieve e quasi inavvertito.
La lacerazione di chi resta è invece invalidante e irracontabile.
Questo perché, anche se oggi è sempre più raro, per noi la famiglia è stata e rimane origine e approdo, scoglio e rete.
Ti promettiamo che continueremo ad esserci sempre l’uno per l’altra e che saremo ancora una squadra; insegneremo ai nostri figli che “insieme” è un luogo immortale.
Buon viaggio zio, io, Pasquale e Antonio ti siamo infinitamente grati per l’amore, la cura e la dedizione che hai sempre mostrato verso di noi da quando eravamo bambini.
Tu ci sarai sempre.