Negli appuntamenti precedenti, abbiamo parlato degli strumenti di comunicazione a disposizione della politica locale, accennando al ruolo delle radio, che erano state le principali fonti di notizie, per le famiglie, durante il periodo bellico, e ogni forza di governo, in ogni paese le utilizzava, per la propria propaganda mezzi insieme al cinema o alla nascente televisione. Ma lo strumento radiofonico non era a disposizione della politica locale. Le frequenze radiofoniche erano, infatti, nei primi decenni della Repubblica, come per la televisione, sottoposte al regime delle concessioni e non esistevano radio private (salvo poche eccezioni).
In quell’occasione abbiamo accennato a Radio Bari e al suo ruolo nella rinascita democratica italiana, quando, finalmente, il regime fascista cadde e la sede EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche) di Bari, da strumento di propaganda fascista, assunse un ruolo centrale nella rinascita democratica italiana.
L’installazione della stazione barese fu decisa nel ’27, nell’ambito del programma d’ampliamento e potenziamento della rete radiofonica e della convenzione tra l’EIAR e il Regno d’Italia del 15 dicembre di quell’anno. Fu inaugurata ufficialmente il 6 settembre ’32, in occasione dell’apertura della terza edizione della Fiera del Levante. Ad aprire le trasmissioni fu la lettura da parte del ministro dei Lavori Pubblici Araldo di Crollalanza di un messaggio di Benito Mussolini.
La sua sede fu in via Putignani, al civico 247, dove rimase fino al ’59. Inizialmente le trasmissioni erano solamente notiziari che andavano in onda a giorni alterni. Con il tempo, oltre a diventare giornaliere, si ampliarono di conversazioni, conferenze e musica.
Con le frequenze che andavano oltre i confini nazionali, vennero trasmessi anche programmi in lingua albanese, rumeno, serbo, croato, greco, bulgaro, ungherese, turco e arabo. Radio Bari, infatti, era anche parte del Reparto Arabo, a sua volta parte dell’Ispettorato Radio, dipendente direttamente dal Ministero Stampa e Propaganda e dal successivo Ministero della Cultura Popolare. Mussolini, come aveva spiegato anche nel suo messaggio inaugurale, considerava la stazione radio un anello di congiunzione tra l’Occidente e l’Oriente, uno strumento della pacifica espansione italiana nel Mediterraneo. Radio Bari, quindi fu uno strumento di propaganda al servizio delle mire imperialistiche italiane.
La situazione, tuttavia, cambiò a partire dal ’43, quando con la cacciata del regime, divenendo la prima radio libera in tutta l’area mediterranea. Sarebbe dovuta saltare in aria, come previsto dalle direttive emesse nel ’39 a Roma, in caso di invasione nemica. Ma, a salvarla dal triste destino fu l’ingegnere bitontino Giuseppe Damascelli, direttore della radio, che non eseguì mai l’ordine e, l’8 settembre del ’43, il giorno dell’armistizio di Cassibile, trasmise il celebre messaggio di Badoglio.
Ma, nonostante l’occupazione Alleata, le truppe tedesche stanziate a Bari erano ancora numerose e così Damascelli decise di smontare le attrezzature e nasconderne i pezzi. Le attrezzature più delicate furono nascoste nella sede del Vescovado di Bitonto. Damascelli, inoltre, dopo aver militarizzato i dipendenti della stazione, garantì una vigilanza anche nelle ore notturne e fece depotenziare, invece, l’impianto di Ceglie del Campo, temendo che potesse essere preso dai nuovi nemici tedeschi. Fu lo stesso Damascelli a leggere, il 12 settembre, il messaggio del re e a pronunciare le celebri parole: «Qui parla Radio Bari, libera voce del Governo d’Italia. Italiani! Una è la consegna, uno è il comandamento: fuori i tedeschi!».
La radio fu presa in consegna, nei giorni successivi, dagli Alleati che garantirono la manutenzione e la continuazione delle trasmissioni, curando notiziari in diverse lingue dei paesi dell’Adriatico. Fu il maggiore inglese Ian Greenlees a farsi carico dell’ordine di salvare Radio bari e iniziare le trasmissioni, mentre gli antifascisti la usarono per alimentare la lotta partigiana nelle regioni ancora occupate e per ridare vigore ad un dibattito democratico che era stato soffocato per oltre venti anni. Tanti intellettuali e rappresentanti delle più diverse forze politiche che si opponevano al fascismo, attraverso le frequenze di Radio Bari, ricominciarono a parlare ai cittadini italiani: Tommaso Fiore, Benedetto Croce, Giovanni Laterza, Michele Cifarelli, Giorgio Spini, Arnoldo Foà, Aldo Moro e tanti altri, i cui discorsi sono stati recentemente recuperati e riproposti nell’interessante libro “Radio Bari nella resistenza italiana” di Vito Antonio Leuzzi e Lucia Schinzano (Edizioni dal Sud, Bari 2018). Discorsi sulla situazione del tempo, sulla guerra in corso, ma anche sul futuro dell’Italia, sulla necessità di ricostruire in chiave democratica un paese distrutto dal conflitto e dalla guerra civile.
Radio Bari riproponeva anche i comunicati di radio Londra e trasmise le cronache dal Congresso di Bari del 28 e 29 gennaio ’44, quando le forze del Cln si incontrarono nel Teatro Piccinni. Ma non solo. Radio Bari garantì anche programmi di intrattenimento e musica, compresa quella che, durante il Ventennio, era proibita, come lo swing e il jazz.
Dopo l’esperienza barese, l’ingegner Damascelli (parente dell’attuale consigliere regionale Domenico Damascelli) fu trasferito a Torino, alla Rai, erede dell’Eiar. Nella città piemontese morì nel ’73. Per le sue gesta e il suo ruolo nella protezione di Radio Bari, il Comune di Bari dedicò al bitontino una strada cittadina.