Con la morte di Tommaso Di Ciaula davvero la classe operaia è andata in Paradiso. Anche se c’è da credere che, quando lo scrittore sarà giunto fra angeli e nuvole, avrà chiesto l’angolo poi appartato che ci sia e qualcosa da fare. Perché lui era fatto così: col romanzo Tuta blu, ricordi e sogni di un opetaio del sud, con la prefazione di Paolo Volponi, aveva segnato un’epoca gli anni Settanta, funestato da contrasti e contestazioni, ma pure animati da alti ideali. Che l’autore nato ad Adelfia, vissuto a lungo a Modugno e infine stabilitosi a Bitetto, ha sempre tenuto stretti nel cuore, anche quando la sua opera aveva destato la critica e attenta attenzione di intellettuali del calibro di Leonardo Sciascia, Italo Calvino e Salvatore Quasimodo. Divenne anche un film, Tommaso Blu, e venne pure Odore di pioggia, ma lui continuò ad abitare i margini della vita, sentendosi laterale al mondo e mantenendo salda la purezza dell’anima. Era titolare di una storica rubrica sulla Gazzetta del Mezzogiorno e scriveva poesie che avevano il sapore del sangue e della vita. Per questo, lo ricorda affranta la poetessa bitontina Mimì Girasoli: “Non vi erano profumi, non più la carezza dei sogni ma, un continuo sorseggiare il miele caduto dai tetti impregnava il mio scrivere nella luce che mi assomigliava tanto”. È tutto qui il mistero di chi passa su questa terra segretamente amando…