(di Donato Rossiello, Nico Fano)
Il termine dell’anno sui mercati finanziari genera il consueto rally (anche noto come “year-end rally”), ovvero una forte spinta al rialzo degli asset nel mese di dicembre. Il 2023 appena trascorso ha innescato anticipatamente tale fenomeno, avvertito già dagli ultimi giorni di ottobre e i primi di novembre. A scatenare ripercussioni positive ci sono stati i tentativi di risoluzione dei conflitti in Medio Oriente o i passi di distensione geopolitica fra Stati Uniti e Cina. Si aggiunge poi il proseguimento del calo generalizzato della pressione inflazionistica.
Importante la trentesima riunione informale dei leader dell’APEC (Cooperazione Economica Asia-Pacifico) a San Francisco, in occasione della quale l’incontro a margine tra il presidente USA Joe Biden e quello cinese Xi Jinping sembra aver gettato i semi per un clima di stabilizzazione delle relazioni e futura pacificazione.
A novembre l’azionario ha registrato delle ottime performance, basti pensare al +9,1% per l’indice MSCI ACW, oppure al +8,9% dello statunitense S&P 500. Bene i listini europei: +11,5% l’IBEX spagnolo, il tedesco DAX ha chiuso a +9,5%, il FTSE MIB con un mensile +7,2%, +6,2% il francese CAC 40.
Secondo l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) la crescita del PIL globale si è dimostrata forte e ha superato di gran lunga le aspettative; la proiezione si attesta ora al +2,7% per il 2024 e al +3% per il 2025.
Torniamo al nostro Paese, rammentate la ridondante questione del rating? A seguito della caduta del governo presieduto da Mario Draghi l’outlook italiano veniva declassato a “negativo” dalla nota agenzia Moody’s, rendendo palpabile lo scenario di discesa sotto la soglia dell’investment grade, nell’area del maggior rischio. Nonostante i timori di una cocente bocciatura, il 17 novembre Moody’s si è pronunciata confermando la valutazione Baa3 (sopra il livello junk, spazzatura) e rivedendo al rialzo l’outlook – tornato “stabile” dopo appena un anno. La decisione sarebbe motivata dalla stabilizzazione delle prospettive economiche italiane, le dinamiche del debito pubblico e la salute del settore bancario. E non è l’unica agenzia a delineare un quadro dell’Italia meno pessimistico del previsto. Pilastri rimangono il solido settore manifatturiero, la ricchezza patrimoniale delle famiglie e il basso indebitamento del settore privato.
L’anno si conclude, quindi, rinsaldano tendenze e consuetudini… Persino in Borsa!