Dall’avvocato Luigi Acquafredda riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Egr. Direttore
da 73 anni di mestiere faccio il cittadino bitontino.
L’amore per la mia città natale è testimoniato da questa lettera.
Bitonto è bella. Visitarla di notte,qundo i bitontini dormono, è un piacere.
I problemi nascono quando i bitontini si svegliano e inondano le strade cittadine.
Una premessa: non ho mai voluto occuparmi di politica per il semplice motivo che non ho mai avuto bisogno della politica per fare la spesa.
Ci ha pensato la mia professione a farmela fare,e anche bene.
Mai chiesto niente a nessuno e mai avuto niente da nessuno.
Fare l’Avvocato, caro Direttore, non è esercitare una professione ma è una scelta di vita: difendere i diritti delle persone dalle aggressioni altrui, specie se si tratta di diritti costituzionali, avere la possibilità di sostenere le proprie tesi,Costituzione e codici alla mano, nei confronti di tutti,in primis dei giudici che, cosa che sfugge ai più, sono i primi a dover rispettare la legge, procura soddisfazioni enormi.
Ciò precisato, in difesa della mia città, Egr.Direttore, Le significo che se i proprietari di quel locale, aggrediti da teppisti bitontini, dovessero decidere di chiudere e lasciare Bitonto, ci troveremmo di fronte a una chiara dichiarazione di fallimento della nostra città.
La riapertura è cosa temporanea perché la prossima volta, e le probabilità che ci sia un prossima volta sono alte, è gente che da Bitonto se ne andrà.
La colpa, Direttore, è della politica e di quelle che voi chiamate istituzioni.
Chi ha chiesto e ottenuto voti dai delinquenti, da chi ogni giorno viola la legge, non solo penale?
Perché a Bitonto non c’è nessun controllo?
Se Lei, Direttore, si fa una passeggiata a mezzanotte a Giovinazzo, incontrerà agenti della polizia locale.
Piazza Cattedrale, Direttore, dovrebbe essere il salotto di Bitonto ma, mi dica, Lei ha mai visto un presidio fisso di polizia locale,o di polizia si stato o di carabinieri?
E Lei ha mai visto qualcuno dei c.d. tutori dell’ordine fermare le orde di ragazzi che,a bordo delle loro bici elettriche, peraltro truccate, infestano le strade di Bitonto,liberi di fare ciò che vogliono e incuranti dei diritti degli altri?
Vede, Direttore, la legalità non si ottiene a parole ma con i fatti.
L’Impero Romano, Direttore, civilizzò il mondo non con le teorie,le parole,ma con le legioni.
Il diritto romano fu imposto alle tribu’ civilizzate con la forza; ai romani non interessavano le religioni di quelle tribù, interessava solo che rispettasero le regole del diritto di Roma.
Mi dica, allora, Direttore, se a Bitonto nessuno controlla niente come si fa ad evitare che episodi anche più gravi di delinquenza non si ripetano più?
E di chi è la responsbilità dei mancati controlli?
Della politica, delle forze dell’ordine, dei magistrati che applicano leggi penali frutto di ideologie politiche sbagliate, della stampa che non è affatto libera e indipendente ma è costretta ad obbedire ai dicktat dei padroni dei giornali, da una coscienza civile quasi inesistente.
Vede, Direttore, quando di ritorno dalla mia passeggiata in bici (passeggiata per modo di dire!), superato il ponte sul Tiflis nei pressi del Liceo Classico, presa a destra via Castelfidardo, da dietro, un classico esponente della intellighenzia bitontina, a bordo della sua auto, mi gridò in dialetto ” talliv da nanz a r chgguion” ebbi il desiderio di andare al Comune e chiedere al sindaco di cancellarmi dall’elenco dei bitontini.
Se la coscienza civile dei bitontini rimane al livello di oggi, per la mia città non c’è speranza.
Egr. Direttore, Lei di questa lettera faccia ciò che vuole ma se la cestina il torto non lo fa a me ma a Bitonto che è la mia città e dovrebbe essere anche la Sua città.