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L’Elzeviro/Epistola al mio salumiere per fargli capire cosa significano “signore” e “negozio”

Noi italiettini, specialmente noi bitontini, i tutti gli appellativi immaginabili facciamo uso, non di “Signore”

Gaetano Avena by Gaetano Avena
1 Novembre 2015
in Cronaca
L’Elzeviro/Epistola al mio salumiere per fargli capire cosa significano “signore” e “negozio”
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Signor salumiere,

come lei vede, ho premesso
“Signore” al suo “negoziare” salumi, formaggi, latte, pasta, oli, vini e un
fottio di altro, che nell’italietta di oggi si produce e si consuma, si vende e
si compra, ma, dice Pasolini (di Cui lei, nutrito della sottocultura dei media,
non ha, giammai, sentito parlare, ché la scuola, frequentata da lei e da
migliaia di ragazzi ed ex ragazzi della sua età, per la parrucchite dei
dirigenti, degli insegnanti in essa, si fa per dire, operanti, s’è guardata
bene dal Presentare a lei quale Veritiero Profeta dell’”agro e nudo” livello di
disgregazione dei rapporti sociali e della conseguente solitudine dell’uomo
contemporaneo), tanto e tutto ciò non sono indicatori di “nessun progresso, ma
solo di un enorme sviluppo che è consistito nel consumare beni superflui… Il
benessere in Italia è stato una “Befana” che è arrivata all’improvviso e ha
concesso tutto
”.

O signore salumiere, nello sceverarle il significato e
l’importanza del sostantivo maschile ”Signore” e del verbo “Negoziare”, a lei
Si Dipanerà, Si Rivelerà, Si Evidenzierà la Motivazione precipua della
dedicazione a lei e non solo a lei della presente Epistola. Che è l’immedicabile
Indignazione per la generale, plebea non percezione dei Valori della Cultura,
del Bene Comune della “Polis”, Intesa come Comunità Teleologizzata alla
Felicità dei Padroni del loro Destino, non degli irresponsabili schiavi dei
renzi di turno, mendaci affabulatori.

“Signore”, “Signora”, ant. “Segnore”, “Segnora”,
dunque, è un appellativo di riguardo e di cortesia con cui gli Uomini e le
Donne Educate (participio aggettivale che, raramente, oggi, potrebbe
qualificare il 90% degli italiettini e, in special modo, dei bitontini) Si
rivolgono, Si Riferiscono a un Prossimo o a una Prossima, conosciuti o
sconosciuti, e che Si Premette al cognome, al nome e a eventuali titoli di
Essi.

Dunque, Tutti Coloro che noi chiamiamo, invochiamo, a cui chiediamo una
informazione, un favore, dei cui bisogni ci informiamo, con cui dissentiamo, siamo,
addirittura, in una situazione causidica, quale che sia il loro Modo di
Apparirci, di Parlare, quale che sia la complessa loro Epifania, Meritano di
Essere da noi Presunti “Signori” o “Segnori”. “Signore” deriva dal Latino
“Senior”, Anziano; tutti sappiamo della Venerazione, di cui erano Circonfusi i
Meno Giovani nella Classicità.

In roma, ad esempio, si era vecchi dai 45 anni
in poi.
Ecco, il “veglio solo “, che Dante Situa nel 1° Canto del
“Purgatorio”,”degno di tanta reverenza in vista, /che più non dee a padre alcun
figliuolo.”
.
E’ Catone Minore, Difensore delle libertà repubblicane, insidiate
da cesare, uccisoSi ad ustica per non vivere in regime di servitù nel 46 a.c.,
non ancora cinquantenne (ma per Dante la vecchiezza cominciava al 46°anno).

Per
la sconfinata Ammirazione nei riguardi di questo fiero Assertore della Libertà,
che tutta l’Antichità e, in generale, il medioevo Nutrì, Dante nel “Convivio” Proclamò Catone l’Uomo “più degno
di significare Iddio” e nella
“Monarchia”  Considerò il suicidio di
Catone l’ineffabile Sacrificio, da Lui Compiuto: ”per accendere nel mondo
l’amore per la libertà
”.

I Vecchi, gli Anziani erano, per le Esperienze
accumulate nei non pochi anni, responsabilmente, Vissuti, Ritenuti Dispensatori
di Saggezza, Coloro che erano in grado di Insegnare Qualcosa ai loro
interlocutori, Maestri, insomma.
Avremmo dovuto o  dovremmo farlo noi, che ci sciacquiamo la
bocca di essere gli eredi della Cultura Latina, Rendere “Maestro” Sinonimo di
“Signore”, come i Parlanti di area, di Cultura Anglosassone fanno: ”Mister”
(Maestro) è un appellativo premesso al nome, al cognome, ad eventuali altri
titoli, equivalente all’italiano “Signore”.

In Inghilterra, specialmente, ma
anche nei Paesi Anglofoni, sia all’operatore ecologico sia al capo dello stato
ci si Rivolge con il cordiale “Mister”, tutti gli altri titoli sono
insignificanti orpelli, definizioni adombrate dalla Presunzione, in fondo una
Certezza, che l’Invocato possa Qualcosa Insegnare, dal momento che è un Essere
al Mondo, dal quale, Vivendo, Intensamente, avrà Tratto Porziuncole di
Conoscenza, di Verità. Quanta robaccia abbiamo, acriticamente, pedissequamente,
da periferici dell’impero, ieri inglese, oggi statunitense, nell’italietta
trasferita dalla sottocultura anglosassone: robaccia di grugniti
pseudomusicali, di comportamenti, di atteggiamenti, di tendenze, persino, che
estremizzano rischi esiziali, mortali nel metterle in opra, pedagogie da cesso!

Mai, la plebaglia piccolo – borghese italiettina ha sentito Risuonare nel suo
“orecchiume” l’Armonia, la Bellezza di una Immensa Cultura, quella
Anglosassone, InalveataSi nella Musica, nella Letteratura, nella Filosofia,
nella Scienza, “sed etiam” nell’Affabilità dei rapporti quotidiani, Educata da
quella Cultura.

Noi italiettini, specialmente noi bitontini, o signore
salumiere, non abbiamo nel nostro diseducato, abituale lessico, quando ci
esteriorizziamo al nostro Prossimo, il
sostantivo “Signore”.
Di tutti gli appellativi immaginabili facciamo uso,
non  di “Signore”.

A volte, nel lazio,
specie, si liscia qualcuno in giacca e cravatta griffati e con un’automobile
importante con l’accademico dottore, pur se, manifestamente, un delinquente
che, mai, ha frequentato un’aula scolastica e si apostrofa con uno sprezzante “capo”,
“maestro” (nel significato dimidiato di artigiano o “du mest” nel dialetto
bitontino), “nonno”, per miserabile malanimo, Chi  Oppone, pur Stimato Professionista, al
sinedrio degli omogeneizzati cibernetici un “Look Casual non firmato”, i non
rari Anni suoi  Vissuti, Ricercando
l’Abbondanza del Sapere,  senza complessi
d’inferiorità a causa di un Corpo dimesso dagli acciacchi delle stagioni
esistenziali trascorse, una Cultura che
non ha bisogno di essere certificata dalla pergamena, lasciata a casa e al muro
fissata.

Inoltre, signore salumiere, cos’è questa sua boria di dare a pioggia
il “tu” a chicchessia ?
IO e lei, se non siamo uguali nel reddito (lei  gestisce un accorsato negozio di leccornie;
IO una modesta pensione, che MI fornisce di mala voglia il ministero della p.i.
Pensionato, quindi, IO sono, sgradito con Milioni di Altri al democristiano
renzi, come una mia Zia, Maestra, anch’essa 
Pensionata, era con i suoi pari d’età a moro sgradita, che Li
considerava “foglie morte”), non siamo, invece, uguali per il mio incessante
Inseguire la Bellezza, la Scienza, la Dantesca Conoscenza, la Consapevolezza
Politica che MI fa Essere un Cittadino Liberato e Libero, “statim”,
distinguibile da un suddito, come lei, incapace di accorgersi, di spiegarsi perché,
hobbesianamente, “homo homini lupus”.

Il “tu”, che l’albagia degli sciocchi fa
schizzare contro la Superiorità Sapienziale dei Saggi, è il topolino di cui si
sgravò la montagna, anche scorsa dal sangue, del ’68 nel secolo scorso!

E
veniamo, finalmente, al suo ”negoziare”, che non è una Professione (Esercita,
infatti, una Professione Chi Parla in favore di Qualcuno. Dal Verbo Greco
:”Femì”, Parlare in unione con la preposizione “pro”, in favore di), in quanto
lei parla, si attiva, esclusivamente, “pro domo sua”. Non è, neanche, un
Mestiere, in quanto il Fare dell’”Artifex” (Artigiano) Presuppone Intelligenza
Creativa, Usando le Mani. Pur essendo un verbo ricercato, “negoziare”, che
deriva dal Latino “negotium” (attività remunerativa, occupazione, affare), non
gode di buona fama, ad esempio, in Pirandello, che nella sua Novella “FUOCO
ALLA PAGLIA
“, disegnando la situazione psicologica di Simone Lampo, un
Personaggio in Essa, Lamenta che, “sfiduciato del buon esito del negozio”, cioè della cultura degli uccelli,
aveva finito di mangiarsi “gli uccellini a tutto pasto”.
Sempre, nella medesima
Novella s’incontra Nàzzaro che, alle insistite domande di Simone lampo, Sbotta,
GridandoGli in faccia: “Don Simò…sapete
bene che a quest’ora non negozio più
”. Pirandello, così, Continua: ”Quando
aveva guadagnato quattro soldi, o strigliando due bestie o accudendo a qualche
altra faccenda, purché spiccia, Nàzzaro diventava padrone del mondo
”.

Sì,”padrone del mondo”: l’Espressione Metaforica, tipica del linguaggio
parlato, ben Caratterizza la Capacità di Nàzzaro di saperSi Contentare di Poco.
Capacità, di cui lei non gode, se è vero che intima, in continuazione, agli
avventori del suo “negozio”, del luogo ove lei fa” business”, dopo averli
serviti nelle richieste al desco di esse necessarie, l’acquisto di “altro”, che
è un “mantra” comune  a tutti i suoi
colleghi, quasi una breve formula magica per persuaderli ad acquistare “altro”
cibo o “altra” merce, di cui non hanno bisogno o il cui acquisto non si possono
permettere.

C’è chi, come ME, che Resiste ai suoi folgoranti, truffaldini,
invitanti giochi ipnotici, ”sed” perché MI deve costringere a dire: un ”NO”
energico, o a giustificare il mio “NO”, elencando,” coram populo”, inesistenti
patologie gastro intestinali o ad acquistare “altro”, secondo i suoi “desiderata”,
per non fare la figura del pidocchioso?  

Per finire, signore salumiere, le Trascrivo
(Quanta Fatica inutile!) un Brano dal Capitolo VIII de ”I PROMESSI SPOSI” diAlessandro Manzoni, nella Speranza (che, comunque, Sento vana) che sappia
coglierNe la vicinanza con i nostri casi, col suo rapportarsi, in generale, ai
suoi clienti: “In mezzo a questo serra serra, non possiamo lasciar di fermarci
un momento a fare una riflessione. Renzo che strepitava di notte in casa altrui,
che si era introdotto di soppiatto, e teneva il padrone stesso assediato in una
stanza, ha tutte le apparenze di un oppressore, eppure, alla fine de’ fatti era
l’oppresso. Don Abbondio sorpreso… mentre attendeva tranquillamente a’ fatti
suoi, parrebbe la vittima, eppure in realtà era lui che faceva un sopruso. Così
va spesso il mondo…
”.

Or dunque, a noi 
venendo, è, forse lei, signor salumiere, la vittima, se qualcuno, stanco
delle sue incessanti profferte di acquisto della sua mercanzia, la manda a quel
paese, brutalmente,  sollecitandola a non
rompere troppo il “cazzo” (sostantivo presente in tutti i dizionari italiani
con la precisazione dei suoi significati nei vari contesti in cui viene usato)
?
O è, forse, lei, ad onta di tutta la 
superficiale solidarietà, che lei possa ricevere dai moltissimi che, pur
incoronati di lauro, non sanno, neppure, che Don Lisander due secoli fa visse,
ahiME’ tra una caterva di ominicchi, l’oppressore dal momento che, appena apre
gli occhi al nuovo giorno, si propone di vendere, vendere e fare sesterzi, a
spese dei portazecchini, quasi vuoti, degli “aficionados” o degli  occasionali entranti nel suo emporio?

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