Poco meno di cinque mila euro da versare all’INPS. Il Tribunale di Bari condanna l’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona “Maria Cristina di Savoia” a saldare quanto dovuto per la contribuzione, relativa all’anno 2016 e ai primi sei mesi del 2017, di un’ex lavoratrice.
Storia a lieto fine per la dipendente dell’istituto bitontino, commissariato dalla Regione Puglia nel 2018, che finalmente potrà ottenere la sua pensione, senza dover subire la decurtazione dei ratei. Un diritto che si è vista riconosciuta dopo una lunga battaglia legale, in cui è stata assistita dall’avvocato Maria Emanuela Minenna.
Contrattualizzata a tempo indeterminato sin dal 1990, la donna ha subito infatti negli anni sorte analoga a quella degli altri 16 ex dipendenti dell’ASP, ricollocati poi nel 2019.
A causa della crisi in cui l’ente versava, per un biennio, gli stessi non si sono visti riconoscere gli stipendi e alcune mensilità sono “sfuggite” anche negli anni precedenti. Arretrati stimati per circa 40mila euro a testa (per cui sono fioccati all’azienda decreti ingiuntivi, pignoramenti conto terzi e di parti della struttura), a cui va aggiunto il Trattamento di Fine Servizio non goduto e il mancato versamento delle somme dovute agli Enti Previdenziali.
Buchi contributivi, che avrebbero impedito ad alcuni di poter avere accesso alla regolare pensione.
Tra gli sfortunati, proprio la cliente dell’avvocato Minenna.
A seguito di una nota inviata a mezzo pec dall’Avv. Emanuela Minenna circa due anni fa, l’Ente previdenziale, Inps, ha accuratamente riscontrato che per alcuni mesi il “Maria Cristina di Savoia” ha inviato “denunce prive di imponibili”, o con “errori gravi”, “che comunque non hanno alimentato le posizioni assicurative dei dipendenti”. Tali inadempimenti da parte dell’Istituto Maria Cristina di Savoia hanno, inevitabilmente, pregiudicato la posizione contributiva del lavoratore.
Inutili le diffide inviate: nessun dato giuridico-economico, fiscale e/o tributario, sarebbe stato infatti fornito dal datore di lavoro che avrebbe, addirittura, invocato la prescrizione degli obblighi contributivi. Richieste rigettate dal giudice del Lavoro, Dott.ssa Giovanna Campanile, perché le numerose diffide inviate dall’Avv. Minenna hanno interrotto i termini di prescrizione, facendo riconoscere tutte le mensilità non regolarizzate e le rispettive somme a titolo contributivo tali da permettere, quindi, il beneficio pensionistico quale Trattamento di fine servizio.
“Vista la quasi totale assenza di documentazione probatoria, quali gli estratti conto previdenziali, le buste paga, i versamenti F24, riscontrata durante le operazioni peritali sia presso l’azienda resistente, sia presso l’INPS”, come si legge nella sentenza, il Consulente Tecnico d’Ufficio ha dovuto ricostruire la posizione contributiva dell’ex dipendente in base al CCNL e allo storico.
Per le annualità richieste, in base alla retribuzione utile calcolata, di poco inferiore ai 9mila euro annui, i contributi previdenziali dovuti a INPS, gestione CPDEL e alla gestione INPS-INADEL per l’erogazione del trattamento dovuto alla conclusione del rapporto di lavoro Indennità Premio Servizio TFS/IPS, sarebbero dovuti ammontare a 4.961,60 euro. Somma che ora l’azienda, come da sentenza, dovrà corrispondere all’Ente previdenziale.
Altresì, l’ASP, che da cinque anni è affidata alla competenza del commissario Dott. Marco Preverin, nominato dal governatore pugliese Michele Emiliano per guidare il percorso di risanamento, è stata condannata al pagamento delle spese di lite nei confronti della ricorrente e a farsi carico delle spese di CTU.
“Dopo tanti anni di lavoro un cittadino ha diritto al riconoscimento del trattamento pensionistico che non può e non deve essere pregiudicato a causa dell’omissione delle scritture contabili e la irregolare redazione delle buste paga da parte dell’azienda – il commento dell’avvocato Maria Emanuela Minenna -. Sembrava impossibile ma giustizia è stata fatta!”.