Si è celebrata ieri la 26esima Giornata Mondiale del Malato, la ricorrenza istituita nel 1992 da papa Giovanni Paolo II, per porre l’attenzione sui malati e su come affrontare le loro sofferenze. Per l’occasione, la trasmissione “A sua immagine”, il celebre programma di informazione religiosa condotto da Lorena Bianchetti, si è recata in alcune strutture, in tutta Italia, per mostrare in che modo i pazienti, in particolar modo quelli affetti da patologie non guaribili, sono trattati. Tra le strutture selezionate c’è l’hospice “Aurelio Marena”, un «fiore all’occhiello della Fondazione Santi Medici», come l’ha definito don Vito Piccinonna, parroco della Basilica dei Santi Medici, intervistato per l’occasione: «Per i malati giudicati dalla medicina inguaribili, le cure palliative sono una risposta possibile e positiva».
La struttura, collegata alla Fondazione Santi Medici, è stata scelta proprio per l’attenzione che, da dieci anni, rivolge a quei pazienti giunti ormai alla fase finale della propria vita, la cui malattia non prevede una guarigione.
Avevamo anticipato la notizia già una settimana fa, quando la troupe, guidata da Roberto Fittipaldi e Barbara Borgiotti ha visitato l’hospice per intervistare pazienti e personale. Ieri mattina, nel consueto appuntamento domenicale con la trasmissione, il servizio è stato trasmesso, alla presenza, in studio, di don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale della Salute, della CEI e della dottoressa Francesca Leonardis, primario di Rianimazione al Tor Vergata di Roma.
Nel servizio si sottolinea la centralità del paziente, evidenziata già dall’assenza, sulle porte di ogni camera, di un numero, sostituito dal nome di chi vi soggiorna all’interno.
«Diamo beneficio non solo al fisico, ma anche all’animo del paziente, prendendoci cura non solo dei bisogni primari, come cure igieniche, somministrazione di pasti, ma mettendolo in condizione di aprirsi fino in fondo, di fidarsi» spiega inoltre Angela Traetta, un’operatrice intervistata dalla troupe insieme alla dottoressa Anna Cannone, direttrice dell’hospice, che, ai nostri taccuini, aveva così spiegato l’importanza dell’attività svolta nella struttura: «È importante per noi accompagnare il paziente in maniera dignitosa verso la morte, condividere con lui i suoi ultimi momenti, dare vita ai suoi ultimi giorni. Lo facciamo attraverso le cure palliative, che si collocano a metà tra l’eutanasia, a cui noi, da cattolici, siamo contrari, e l’accanimento terapeutico, che si ha quando non vogliamo lasciar andare il nostro caro. Dobbiamo invece riconoscere quando è giunto il momento di dirsi addio, di lasciarlo andare».