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Home » Il culto e la festa dell’Addolorata a Mariotto. Domenica, la solenne processione

Il culto e la festa dell’Addolorata a Mariotto. Domenica, la solenne processione

Don Francesco Ardito: "Anche le tradizioni si sono evolute e adeguate a nuove identità o codici morali. E anche la pietà popolare con le tradizioni ad essa connesse è chiamata ad “aggiornarsi”"

Felice de Sario by Felice de Sario
12 Settembre 2022
in Cronaca
Il culto e la festa dell’Addolorata a Mariotto. Domenica, la solenne processione
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Sommo fu l’amore di Maria verso di Lui e sommo fu il dolore. Può sentir dolore chi non ama? Sul mondo che non sa più amare, né piangere, nel mare di secolare oblio e di sofferenze, cade una lacrima di luce, l’ultima speranza di chi invoca la Madre. La Vergine Maria è lì, desolata, nello scrigno che i mariottani Le hanno dedicato: il viso chino, gli occhi dolcemente bassi, lo scuro vestito lumeggiato appena in aurei ricami, proprio dove la spada ferisce l’anima, ricordando la profezia di Simeone; i capelli, sciolti, scivolano dietro il velo, come in un fiducioso abbandono alla volontà di Nostro Signore. Sta lì, la Madre, diceva Jacopone da Todi, vicina nella gloria come nelle pene del martirio, lì, tra una lacrima e una spada (la Croce), con gli occhi dolenti verso l’umanità che non vuol essere più salvata; lì, unica luce a tener viva, nell’ora gravida del Sabato Santo, la fede nella Resurrezione.

Il culto dell’Addolorata nasce sul finire dell’XI secolo, quando viene pubblicato, anonimo, un libro dal titolo: “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius”. È, poi, con la nascita dell’ordine dei “Servi di Maria”, intorno al 1200, che il culto si diffonde, fino al 1600, quando la Chiesa gli concede sempre maggior rilevanza e ne ufficializza la data al 15 Settembre, agli inizi del 1900, ad opera di Papa Pio X.

A Mariotto, le prime notizie disponibili della festa dell’Addolorata risalgono alla seconda metà dell’Ottocento. Ne dà testimonianza l’indimenticato storico Damiano Pasculli nel suo Mater Dolorosa. Storia di una chiesa e di una comunità (2006), in cui, oltre ai documenti per autorizzare processione e fuochi artificiali, si parla di una popolazione costituita per lo più da « immigrati, alacri e tenaci lavoratori che si erano trasferiti … separandosi, comunque, dagli affetti familiari e dall’ambiente stesso in cui erano vissuti». Per questi lavoratori, aggiunge Pasculli, « la speranza e la fiducia nel garantito lavoro … lenivano solo in parte l’amarezza del distacco… E appare naturale che … questa popolazione trovasse indubbiamente la massima espressione devozionale proprio nel culto dell’Addolorata o dei Sette Dolori … Le classi più povere trovano un riflesso delle proprie sofferenze in quelle della Vergine Santa, per coglierne un motivo di consolazione e di speranza ».

Oggi, il Comitato Feste a Mariotto, coordinato da Mario Salierno, ce la mette tutta per tener viva la fiammella di una festa paesana che vuol tenere insieme tradizione e modernità, chiesa e popolo. E, come si faceva un tempo a Mariotto, cura i preparativi sin dai primi mesi estivi, con la questua presso le famiglie. Non si gira in calesse come fino agli anni Cinquanta, quando il contributo delle famiglie consisteva in quattro o cinque secchi di grano o di mandorle, poi venduti; si va a piedi, animati da devozione e spirito di servizio alla parrocchia e alla comunità.

Don Francesco Ardito, parroco a Mariotto, prova a dipanare la non facile matassa del rapporto comunità-parrocchia, improntando il programma al tema delle relazioni:

« Anche le tradizioni si sono evolute e adeguate a nuove identità o codici morali. E anche la pietà popolare con le tradizioni ad essa connesse è chiamata ad “aggiornarsi”, non perché cambiano i contenuti fondamentali o il codice morale che, in quanto rivelati, risultano sempre validi, ma perché cambia il linguaggio umano e il contesto culturale nel quale vengono vissuti.

Partendo da questi presupposti, quest’anno abbiamo pensato alla festa patronale come ad una occasione per lasciarsi guidare da Dio su un tema attuale molto delicato: educare alle relazioni. Se ci guardiamo intorno, notiamo che il mondo ci porta sempre più all’individualismo: le famiglie sono sempre più frammentate, in ambito lavorativo ed economico si è sempre più propensi alla competizione piuttosto che alla collaborazione, i social ci connettono al mondo ma ci allontanano dalle persone, la fragilità è vista sempre più come un problema da eliminare e non da abitare. Davanti a queste realtà, come comunità ci vogliamo chiedere: il Signore cosa ci propone? In che modo ci aiuta ad affrontare queste difficoltà? E Maria, con la sua vita, che direzione ci invita a prendere? Ci aiuterà a rispondere a queste domande il percorso liturgico che abbiamo pensato per i giorni della festa, invitando nei rispettivi giorni del triduo (12, 13 e 14 settembre) gli studenti, le coppie e gli anziani e ammalati. La processione di domenica 18 settembre darà compimento a questo percorso spirituale, permettendoci di esprimere la nostra sequela a Cristo accompagnando la madre sua per le vie della frazione ».

 

(nella foto, il programma dettagliato delle iniziative civili e liturgiche)

 

 

 

 

 

 


 

 

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