DI VINCENZO LISI
Chi mi aggiusterà di nuovo il cuore da meccanismi computerizzati, obsoleti in tutti i campi? Sì, perché, al di là di avere mani capaci di aggiustare un computer, eri capace di migliorare una persona. No, non potevo saperlo, ma se solo lo avessi saputo, ti avrei sostenuto nel dolore. Se stavi male “come può uno scoglio arginare il mare?”, citando Battisti, io ci avrei provato lo stesso.
Caro Lillino, ricordo ancora quando ci conoscemmo. Ero ancora un “Capriccio di Dio”, che amava la musica e la condivideva con te, grazie alle tue condivisioni musicali, perché avevo come sola amica la musica, erano difficili, la scuola mi andava scomodi come un jeans. Poi, conobbi te: eri sempre al mio fianco, quasi il mio braccio destro, milanista come me. I primi anni, non pensavo ad altro che a me stesso, alla felicità galeotta ed effimera per la musica affianco a te. Per questo, quella di oggi è per me una domenica da dimenticare. Ricordando te, caro Lillino, tra la destrezza di uno capace e l’equilibrio di un funambolo, eri in grado di aggiustare i computer, mostrando la stessa sensibilità che avevi con i tuoi amici, riuscendo quasi sempre a migliorarli. Certo, dipendeva dall’imput che davi e dall’amico stesso, ma non riuscivo a capire perché i tumulti del cuore ti creavano una corazza tipo quella di Creonte, zio di Antigone. Avevi tanta esperienza, frutto di vita passata ed io riesco a capirti, perché a volte non ci capivamo, arrivando a scontrarci, ma ti volevo molto bene. Ora che non ci sei più, te ne voglio ancora di più, mi ravvedo da quello che dissi, perché bisogna parlare bene di una persona quando è in vita. L’ultima volta che ci vedemmo, ci lasciammo con una piccola riflessione, una confidenza su un mio parente Mario Sicolo, tuo amico e tuo cliente al contempo, e mi facesti riflettere, ancora una volta.