Gli agricoltori potrebbero rinunciare alla semina del grano. Non ci sono alternative se il prezzo continuerà a scendere ancora o si manterrà a questi livelli.
“Facendo crollare il prezzo del grano duro, tra pochi mesi gli agricoltori rinunceranno a seminare il nostro cereale di punta e, di qui a un anno, l’Italia sarà molto più dipendente dall’estero anche per l’elemento principe della pasta italiana. La corsa al ribasso deve essere fermata, per questo nei giorni scorsi abbiamo chiesto alla Regione Puglia la convocazione urgente del Tavolo cerealicolo che metta insieme tutti i soggetti della filiera”.
Sono CIA-Agricoltori Italiani Puglia e Confagricoltura Puglia a tornare sul gravissimo momento vissuto dal settore cerealicolo pugliese, con i prezzi in picchiata verticale alla Borsa Merci di Bari che costringono i produttori a vendere senza coprire i costi di produzione.
“CIA e Confagricoltura fanno appello all’unità del mondo agricolo sindacale”, si legge nella nota congiunta, “e sollecitano, ancora una volta, la riunione di tutta la filiera con la convocazione del Tavolo cerealicolo richiesto, al fine di porre un freno alle speculazioni in atto”.
“L’agricoltura non può essere lasciata nelle mani degli speculatori. Serve un punto di equilibrio che garantisca la giusta remunerazione dei prodotti agli agricoltori e assicuri la sostenibilità economica agli anelli successivi della filiera, vale a dire stoccatori, mugnai e pastai. Convocare il Tavolo Cerealicolo, e convocarlo subito, è necessario a percorrere ogni strada possibile per evitare che la corsa al ribasso dia il colpo di grazia alle nostre aziende agricole e danneggi tutta la filiera.
In media quest’anno i produttori hanno speso dai 1.200 euro in su (quasi il doppio rispetto allo scorso anno) per ogni ettaro coltivato a grano duro, mentre le rese mediamente si sono attestate da 20 a 25 quintali per ettaro, con una perdita percentuale che varia dal 25 al 40 per cento. La filiera cerealicola mostra segnali di grave sofferenza. Qualora i prezzi corrisposti ai produttori dovessero ancora scendere, molti si troveranno costretti a decidere di non riseminare per la prossima stagione. Se davvero l’Italia tiene alla sua eccellenza sulla pasta di semola di grano duro, con tutto ciò che ne consegue per quanto riguarda posti di lavoro, export e redditività, allora occorre che i produttori siano tutelati, perché in questi anni sono stati loro la parte più debole di una filiera che ha continuato a macinare profitti crescenti per tutti, tranne che per gli agricoltori.