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Home » Allarme carni rosse? Risponde il prof. Antonio Moschetta, ricercatore Airc

Allarme carni rosse? Risponde il prof. Antonio Moschetta, ricercatore Airc

"Per noi la dieta mediterranea, quindi assunzione di quantitativi adeguati, e negli orari giusti, resta la soluzione ideale"

Viviana Minervini by Viviana Minervini
28 Ottobre 2015
in Cronaca
Allarme carni rosse? Risponde il prof. Antonio Moschetta, ricercatore Airc
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Da giorni, dopo l’allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, molti hanno già appeso al chiodo hamburger, salsicce, bacon perché mangiandone aumenterebbe il rischio del cancro all’intestino. 
L’Oms, infatti, ha aggiunto i prodotti confezionati di carne rossa alla lista di sostanze cancerogene assieme a fumo, arsenico, plutonio, alcol e amianto; nel mirino anche la carne rossa fresca, inserita nell’”enciclopedia dei cancerogeni” ed etichettata come “lievemente pericolosa” rispetto ai lavorati industriali.   

Il prof. Antonio Moschetta, bitontino doc, docente di medicina interna all’Università di Bari e riercatore AIRC, ha preso parte alla trasmissione Geo&Geo su Rai 3 – e oggi sarà ospite dal Presidente della Repubblica per la Giornata Nazionale contro il cancro e domenica 8 novembre del programma Elisir, sempre su Rai 3 -, interrogato proprio sul tema, ha risposto anche ai nostri taccuini.   

Quanto rischio si corre mangiando carne in Italia?  «Non farei differenza tra Italia e altri Paesi. Un giornale importante riporta una ricerca che dice come un gruppo di soggetti, abituali consumatori di quantità elevate di carni rosse lavorate, aveva un più alto numero dei tumori del colon. Nessuna novità, quindi, per il nostro campo perché sono anni che diciamo di porre attenzione all’alimentazione. Ma per cortesia facciamo chiarezza ed evitiamo terrorismo improduttivo».  

Tutto questo allarmismo va preso positivamente per alcuni versi: «Si torna a parlare di cibo, di qualità della tavola e dell’importanza della cultura dell’alimentazione nella prevenzione delle malattie tumorali. E si rimarca un concetto già noto: usiamo con moderazione i vari alimenti conservati per evitare di assumere composti chimici che possono essere considerati cancerogeni. L’Oms inserisce nei cancerogeni di tipo 1 le carni lavorate (salsicce, salumi), le carni conservate che hanno subito dei processi di affumicamento, contatto con il sale o di antiossidazione». 

L’allarmismo è derivato dalle modalità con cui queste notizie sono state trasmesse?  «Tra i carcinogeni di tipo 1 c’è anche l’alcool. Se tutti noi andassimo sui siti istituzionali troveremmo circa 240 composti chimici che, qualora assunti con continuità e in quantità elevate, sono decisamente dei carcinogeni. In questa lista ci sono anche i raggi X, il plutonio, l’arsenico. Ecco la gente ha il diritto di essere informata perché mangiare una salsiccia non è come maneggiare il plutonio. Ci persone che assumono salumi una vita intera e non hanno mai tumori del colon così come ci sono vegani che si ammalano di cancro al colon». 

Infatti, in quel famoso gruppo 1 c’è anche tabacco, plutonio, arsenico: mangiare una bistecca equivale a tanto? «L’Oms quando classifica le sostanze parla di composti chimici. Il tumore nasce proprio da una mutazione indotta da un carcinogeno: quotidianamente, quando mangiamo, siamo a contatto con tanti potenziali carcinogeni chimici. A nessuno venga in mente di pensare che solo chi si ammala di tumore è venuto a contatto con cancerogeni. Tutti assumiamo purtroppo carcinogeni e forse ogni giorno. Il nostro organismo ha due falcoltà: da un lato ha il dovere di ripulire le sue cellule, metabolizzare e pompare via, cacciare il composto chimico cancerogeno, si chiama xenobiologia; dall’altro quando avviene la mutazione, cioè quell’evento sul Dna che fa sì che cambi la carta d’identità della cellula, il corpo lo riconosce come “diverso” e lo induce al suicidio. E’ la morte programmata della cellula mutata, si chiama apoptosi. L’alimentazione adeguata con assunzione di frutta verdura e proteine vegetali e vitamine ci aiuta in questi due processi. In 72 ore noi cambiamo totalmente la nostra mucosa del tratto gastrointestinale ed è per tanto evidente che, se noi fossimo costantemente a contatto con dei carcinogeni chimici, questo ingorgo farebbe sì che il nostro corpo venisse meno nella sua capacità di autodifendersi». 

Ma gli italiani mangiano davvero troppa carne? I giornali nazionali parlavano di quasi 78 kg a testa in un anno… «Si è sempre detto che la dieta va bilanciata. Che bisogna assumere più proteine vegetali, frutta, cereali e che bisogna limitare le proteine animali con in ordine pesce, carne bianca e carne rossa magari una volta alla settimana. Questo studio non porta nessuna novità da questo punto di vista. Ovviamente a questo si aggiunge che tutto ciò che ha subito processi di lavorazione e conservazione (non solo carne) ha subito dei processi chimici da cui potrebbero residuare composti potenzialmente tossici o cancerogeni. Per cui basta terrorismo, assumere carne fresca, in quantità limitate nella settimana e magari con attenzione alla cottura si può fare. Da un lato dobbiamo diminuire le assunzioni di carne, dall’altro non abbiamo la prova che chi non mangia assolutamente carne, non si ammali di tumore al colon».  

Quindi non si può dire che chi pratica una dieta vegana o vegetariana avrà una possibilità maggiore di poter “star bene”?  «Le proteine vegetali ci danno un apporto completo, si dovrebbe prediligere le proteine vegetali e animali. La situazione tecnica è quella di poter assumere accanto alla carne – in quantitativi inferiori – i componenti naturali che ci aiutano in quelle due funzioni di cui sopra. Avere, attraverso i nutrienti, la capacità di metabolizzare il carcinogeno, di buttar via questi composti tossici. C’è la luteina nelle crucifere della rucola, dei broccoli, alla curcumina del curry, le vitamine all’interno delle carote, della frutta, e molto altro: abbiamo in natura una serie di composti che, assunti insieme alle proteine animali, possono darci la facoltà di reagire positivamente agli insulti di carcinogeni. Per noi la dieta mediterranea, quindi assunzione di quantitativi adeguati, e negli orari giusti, resta la soluzione ideale. In fondo gli ultracentenari del cilento assumevano carne, forse più fresca che conservata. E poi fatemi aggiungere che antropologicamente noi siamo partiti dalla carne per poi giungere all’agricoltura ed agli allevamenti. Esiste però anche una riflessione di tipo diverso. Certamente non si può pensare ad un futuro fatto di cibi a base animale per la salute e l’economia dell’ambiente bisogna ridurre proprio come sta avvenendo ma senza il terrorismo del tumore». 

La preoccupazione più grande, quindi, è davvero la carne?
 
«Pensiamo piuttosto alla circonferenza addome, diabete mellito (instabilità del livello glicemico del sangue, ndr) che cresce, obesità viscerale nei bambini, fenomeni che aumentano il fenomeno della suscettibilità ai tumori fino a 6/6.3 volte rispetto al tumore del colon. E poi screening, si tratta del tumore del colon: fate una colonscopia ogni cinque anni a partire dai 45 e la ricerca del sangue occulto nelle feci. Così si vince. L’obiettivo oggi è non dire “Io non mangio più carne rossa”, magari però, assumendo dolci, farinacei, con vita sedentaria, facciamo anche peggio. La mia posizione è ed è sempre stata energetico-metabolica: dobbiamo conoscere le strade che portano benzina ai tumori ed evitare di percorrerle. E’ il terzo punto dopo la distruzione endogena dei carcinogeni e la morte programmata. Il terzo punto è affamarlo. E lì vinceremo e stiamo vincendo con le nuove terapie: abbiamo oltre 2 milioni e mezzo di italiani guariti dal tumore, un primato quasi mondiale».

Tags: antonio moschettacancrocarneelisirgiornata nazionalepresidente della repubblicarossatumori
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