Una ricorrenza importante, qualche
giorno fa.
Bitonto ha ricordato i trent’anni
della visita di Giovanni Paolo IIqui da noi. Era il 26 febbraio del 1984:
una data che poi resterà scolpita per sempre nella memoria civica. Un evento
che ha segnato la storia di Bitonto, non solo sotto il profilo prettamente
spirituale ma anche per i contenuti sociali di quella visita: il riconoscimento
del ruolo svolto dal mondo agricolo nella crescita del territorio e dell’interaPuglia.
Certo, potrebbe chiedersi, al di là
delle volontà dell’indimenticato pontefice, quanto quella visita incise (e se
incise) nella spesso addormentata coscienza cattolica cittadina o nello stesso
annacquato mondo politico e sociale, cui pure l’illustre ospite si rivolse
direttamente nel suo intervento.
Ma questa è storia anche recente, se
si vuole inquietante sociologia del presente.
Ora ritorniamo alla storia di quella
giornata memorabile e alle convulse ore che la precedettero.
Trepidante attesa ed eccezionale
entusiasmo furono i sentimenti che si avvertirono palpabili nelle settimane
prima dell’arrivo del pontefice.
“Un
fatto che solca la nostra storia”, “un
evento di grazia da cui ci attendiamo molto”, scriveva Mons. Mariano Magrassi, allora arcivescovo di Bari-Bitonto, la diocesi nata dopo la soppressione dell’antica di Ruvo-Bitonto.
Insieme all’entusiasmo, numerosi anche
gli interrogativi.
Ci si interrogava, ad esempio, su quanta
gente sarebbe arrivata per l’incontro col papa. E la città sarebbe stata in grado di accogliere una folla che ci si
aspettava imponente? Furono poi più
di centomila le presenze registrate
a Porta Baresana. Una grande
macchina organizzativa fu avviata perché l’evento fosse gestito al meglio.
Due i comitati d’accoglienza: civico
ed ecclesiale.
Di quello civico, costituito da
politici e rappresentanti del mondo agricolo, fecero parte il sindaco Girolamo Larovere, con la
giunta comunale e altri esponenti delle istituzioni e degli agricoltori. Nell’altro,
presieduto da Mons. Domenico Padovano,vescovo ausiliare, c’erano: don Ciccio Savino (poi speaker
dell’evento), lo studioso e docente Domenico
Saracino, il dottor Raffaele
Moschetta, il professor Giovanni Procaccie l’ingegnere Nicola Antonio Agostinacchio.
Il fatto ebbe davvero una risonanza
storica.
Bisognava risalire, si pensi, al 28 gennaio del 1122 per ritrovare un
pontefice a Bitonto: in quella data Callisto
II, l’autore del concordato di Worms,
che pose fine alle lotte per le investiture, incontrò qui il legato della
chiesa francese Suger. “Per discutere dei
problemi della libertà della chiesa”, ipotizza Antonio Castellano nel volumetto “28.1.1122-26.2.1984. Tappe sul cammino della chiesa di Bitonto”,
pubblicato con Franco Amendolaginein occasione dell’arrivo di Giovanni Paolo II.
Il libro di Castellano non fu l’unica
iniziativa realizzata per l’atteso arrivo: ecco “26.2.84. Visita del papa a Bitonto. Raccolta documentaria”, un
volume a firma di Pasquale Cioce e “Sette per uno, il papa e il mondo contadino”,
mostra a Palazzo Gentile con sette
stampe realizzate dalle incisione degli artisti Damiani, Guerricchio, Morelli, Miglietta, Nosek, Presicci, Speranza.
Presso la badia di San Leone, invece,
fu proposta una mostra di arte sacra. Aldo
Citelli, cara ed eclettica figura d’artista, donò al papa una piastra d’argento incastonata in legno d’ulivo con
l’immagine del pontefice che tende le braccia verso i contadini.
Ma ecco quel 26 febbraio.
Dopo la mattinata barese, verso le
17, l’arrivo in città del papa dalla provinciale per l’aeroporto di Palese. Il
palco, realizzato da Giuseppe Maggio,
con al centro il suggestivo “trono” di ulivo,
opera dello stesso Citelli, è già pronto da tempo.
Spetta al primo cittadino Larovere
rivolgere il saluto ufficiale: “Come
credenti porgiamo il nostro affettuoso saluto a Giovanni Paolo II, il successore
di Pietro e di Cristo, il mediatore tra gli uomini e Dio per l’attuazione del
grande disegno cosmico di salvezza delle genti. Come cittadini di uno stato
democratico qui salutiamo l’uomo Karol, l’uomo di Wadovice, che ha conosciuto il duro e faticoso lavoro in una terra
e in una nazione martirizzata nella sua storia, ma salda nella sua unità”.
”I
nostri concittadini–ancora le parole del sindaco- vedono nella venuta del papa un momento di
riscatto delle proprie quotidiane fatiche, ma al tempo stesso un momento di rispetto per il loro lavoro”.
Michele
Cannito,
intervenendo a nome degli agricoltori, salutò “il figlio di una terra che è stata contadina per secoli”: “La vostra venuta si trasformi, oltre che in
una presenza viva e incoraggiante, in un annuncio a tutti gli uomini perché
capiscano che l’amore della terra e il rapporto con essa sono le condizioni
indispensabili per una vera pace”.
Ed ecco le parole di Giovanni Paolo
II: “Il
mio viaggio a Bari sarebbe stato incompleto senza l’incontro con voi, uomini e
donne di Bitonto, che con la vostra quotidiana fatica rendete feconda questa
terra, che è opera di Dio e vi si apre dinanzi come un libro nel quale potete
leggere la grandezza del Creatore”.
Il pontefice non trascurò il particolare
momento sociale: “Le presenti difficoltà della situazione economica generale si riflettono
negativamente sulle condizioni dei lavoratori della terra anche in questa
regione. Voglio che sappiate che vi sono vicino nelle vostre preoccupazioni”.
Wojtyla invocò allora “un confortante
ritorno al riconoscimento della priorità dell’agricoltura per ridare ad essa
valore come vera base di ogni sana economia”.
Un messaggio, infine, al mondo
politico.
Parole che, pur nella dimensione
rituale del momento, dicono molto. E che sarebbe bene non dimenticare.
Eccole: “Faccio appello a quanti sono
nella pubblica amministrazione perché sentano il richiamo della coscienza alla
piena e costante realizzazione dei propri compiti, senza favoritismi e senza
discriminazioni”.
Il congedo fu carico di fiducia: “Non
si spenga la speranza nel vostro cuore. Valorizzate ogni possibilità positiva,
superando le difficoltà dell’oggi e del domani”.
Il futuro santo, il Papa “venuto da
lontano”, salutava così una città che in quel momento appariva felice e serena.
E che dall’indomani avrebbe
ricominciato il suo cammino, tra mille difficoltà. Un cammino che continua.
Quelle parole, però, restino come conforto,
tenue messaggio di speranza nell’incerto nostro tempo.