Tra le luci
blu di una graziosa soffitta ricreata sul palco del Teatro Traetta troviamo quattro giovani amici dediti ad una vita di Boheme:
il poeta Rodolfo, il pittore Marcello, il filosofo Colline e il musicista Schaunard.
La vigilia
di Natale, Rodolfo rimane solo quando alla porta della soffitta bussa una
donna.
È Mimì, giovine vicina di casa: comincerà
tra i due un animato dialogo che li porterà a scavare nelle loro vite e ad un
passo dal dichiararsi reciproco amore.
L’idillio dei due giovani, però, viene
interrotto dal ritorno dei due amici, la scena a questo punto si sposta al caffè Momùs.
È proprio
qui che compare Musetta, vecchia
fiamma di Marcello, accompagnata dal ricco Alcindoro.
Dopo una serie di smancerie la donna riuscirà a catturare l’attenzione di Marcello
e ad andare via con lui.
La scena al
caffè è deliziata dal canto di voci bianche dei bimbi, “All’Ottava”, guidati sulla scena dalla maestra Emanuela Aymone, e dal coro “Città
di Bitonto” del maestro Pino
Maiorano.
Ma l’amore,
come le minestre, riscaldato raramente è buono: dopo l’ennesima e furiosa lite
si separano ancora e anche per Rodolfo e Mimì la vita insieme si è dimostrata
impossibile.
A farla da
padrona e sferzare il colpo di grazia arriva la scoperta di Rodolfo della
malattia di Mimì, la vita in quella piccola soffitta potrebbe pregiudicarne
ancor di più la salute.
I quattro
amici si ritrovano in soffitta confidandosi sofferenze e trepidazioni d’amore.
È proprio in
questo clima di affetto e triste malinconia che la candela della vita di Mimì
si spegne.
Rodolfo in
un canto struggente abbraccia, straziato, l’amata.
Ispirata al
romanzo di Henri Murger, “Scènes de la vie de bohème”, l’opera ha
deliziato bitontini e quanti spettatori sono giunti da fuori, questa X edizione del Traetta Opera Festivalguidata anche quest’anno dal maestro
Vito Clemente.
Soddisfacente
anche l’interpretazione dei giovani cantanti giapponesi – a Bitonto grazie al
festival gemello Ami Fest guidato dal
maestro Konomi Suzaki – che
hanno saputo rendere al meglio scene d’amore e gelosia, equilibri e rotture
tipiche dell’opera ottocentesca di Puccini.
Nonostante
le modeste grandezze del palcoscenico bitontino, sono state ben tenute scenografie,
che rievocavano una Parigi di fine ottocento, e scene da parte de “Il palcoscenico”, alla regia di Luigi Travaglio e alle luci di Giuseppe Ruggiero. Non da meno sono
stati gli abiti curati in ogni particolare, tra piume, lustrini e abiti più semplici, da Angela Gassi.
Il suono
scherzoso e allegro d’inizio, che si fa serio e ricco di rievocazioni
malinconiche al termine dell’opera, del pianoforte di Piero Cassano – guidato da Clemente – non ha fatto mancare la
presenza dell’orchestra al pubblico.
Musiche e dialoghi, di circa duecento anni, tornano
sempre attuali facendo immergere tutti gli spettatori del Traetta, nelle
repliche andate in scena dal 2 al 4 maggio, in una vissuta e struggente
solitudine, alternata alla spensieratezza bohémien, alle passioni che si intrecciano
ai momenti di folle disperazione e morte.