La bellezza arcaica. La sofferenza di donna, amante e amata e, a suo dire, ingenua. L’infanzia non certo felice, a causa del cattivo rapporto con la madre che quasi mai si è interessata a lei. L’amore, poi, altra fonte di guai, prima perché diverso da quello che le era stato promesso (Aristotele Onassis, noto per essere “collezionista di donne celebri”, suo compagno per 10 anni ma amato anche dopo), e poi impossibile, come quello per Pier Paolo Pasolini, ma al tempo stesso intenso, forse perché lui era una vela lontana.
L’ultimo appuntamento bitontino di “Del racconto, il film,” la rassegna di cinema e letteratura che guarda al sociale curata da Giancarlo Visitilli, ha regalato al pubblico bitontino “Ti scrivo dalle nuvole… A Maria”, lo spettacolo teatrale scritto e curato da Carmela Vincenti e incentrato sulla figura di Maria Callas.
Non un racconto autobiografico, ma una storia che attraverso vari punti di vista (davvero importante quello della serva) ci fa capire i pensieri più intimi, le pulsioni sentimentali, l’amore passionale e quindi quello più puro di una “creatura del destino”, come lei, il soprano greco, si definiva. E tanto forte da amare, finché ha potuto, la solitudine.
Ed ecco, allora, che attraverso una interpretazione struggente accompagnata da un gioco di luci ben attagliato e attagliante e una scelta di musiche, altrettanto ben congeniale e studiata, innanzitutto viene fuori Maria Callas “infantile”, quella che giocava con i canarini, David in particolare, «dal quale ho imparato più che da tutti i miei maestri di conservatorio».
Quella che si sente l’infanzia defraudata per colpa della mamma, che non l’ha mai voluta perché desiderava avere un maschio. Che la vedeva come una bambina prodigio e voleva che diventasse una cantante.
Poi c’è Maria che incontra l’amore.
Prima Aristotele Onassis, conosciuto nel 1957 e che amerà per sempre, nonostante ben presto non si dimostri essere più l’uomo che aveva promesso, ma sarà colui che le ha fatto scoprire l’amore passionale.
Poi, Pier Paolo Pasolini. Un uomo che non avrebbe mai posseduto ma che le ha fatto rinascere illusioni e speranze.
Un uomo irraggiungibile come una barca spinta dal Mistral verso un “grand large” che si doveva rivelare mortale. E il cui amore è raccontato attraverso lettere, alcune anche inedite.
L’intellettuale friulano la sceglie per interpretare “Medea” nell’omonimo film, nel 1969. Lei, dopo titubanze iniziali, accetta. Durante le riprese, inizia un rapporto intenso tra loro tanto che Pasolini le regala un anello. Intenso come un pensiero d’amore, preludio di una proposta di matrimonio che però non arriverà mai.
«Ma quando crescerai– scrive Callas in una lettera del 1971 – mio dolce P.P.P.? – Non è il momento di diventare un po’ maturo? Ti ho sempre detto la verità, Pier Paolo, invece di coccolarti. Io sono qui ad aspettarti. Peccato che non verrai. Sono qui, Pier Paolo, teneramente. Scrivimi».
Pasolini, invece, pensava soltanto a Ninetto Davoli. «Pier Paolo, tu dipendevi troppo da Ninetto. Non era giusto. Ninetto ha il diritto di vivere la sua vita. Lascialo fare. Cerca di essere forte. Devi farlo. Mi sarebbe tanto piaciuto che tu sentissi il bisogno di venire da me».
Arriva il 1975. A marzo muore Onassis, a novembre Pasolini. Maria Callas si ritrova immersa nella solitudine fino al settembre 1977, quando muore all’età di 53 anni.
Le ceneri del suo corpo sono sparse nel mar Egeo.
Il suo mito è immortale ancora oggi.
E Carmela Vincenti ce lo ha ricordato con la sua impareggiabile arte.