“Trovai il romanzo La pelle di Curzio Malaparte
su una bancarella, fui incuriosita, lo lessi e ne rimasi colpita”. Così Liliana Cavani sul palco del
Teatro Petruzzelli per la prima delle Masterclass dell’edizione 2016 del
Bif&st dedicata all’attore, iniziando a rispondere alle domande del critico Enrico
Magrelli sulla genesi del
film nel quale diresse per la prima volta nel 1991 Marcello Mastroianni, poi
interprete anche del film successivo della regista, Oltre la porta.
Prima dell’incontro, “La pelle” è stato proiettato
davanti a una platea gremita, rimasta tale anche quando è arrivato il momento
di ascoltare le parole della regista sul film e sul suo rapporto con
Mastroianni. Sempre sul libro: “Più che un romanzo pensai che fosse un
eccezionale documento sulla Guerra e soprattutto su Napoli, la città che fu
maggiormente colpita prima, durante e dopo l’ultimo conflitto mondiale. Ne
parlai con il mio amico Roberto De Simone, il compositore e musicologo, che mi
disse che quello che Malaparte aveva scritto nel libro era tutto vero, anche
quello che nel film può sembra improbabile. Dunque il mio primo stimolo era
quello di raccontare Napoli e i napoletani in quel periodo storico. Proposi il
film alla Gaumont, che allora aveva una filiale italiana diretta da Renzo
Rossellini, e i francesi accettarono di produrlo”.
E la scelta di
Mastroianni? “Una scelta dovuta, mi sembrava che fosse nato per fare il
ruolo di Malaparte, riuscendo ad esprimere sia la sofferenza che l’ironia che
permeano il personaggio. Così come era nato per fare tanti altri ruoli perché
aveva una personalità tale da consentirgli di essere chiunque. E lo faceva
senza teorizzare, senza adottare metodi come quello dell’Actors Studio ma con
la sua grande intelligenza che gli consentiva, alla parola ‘azione’, di
diventare subito il personaggio che doveva interpretare. Qualità che avevo trovato
anche in Dirk Bogarde, che avevo diretto alcuni anni prima nel Portiere di notte. E così, come nel caso di Bogarde, mi colpì di Mastroianni la
sua disinvoltura sul set, il suo rapporto con il cast e con le maestranze,
sempre cordiale, rilassato. E naturalmente la loro professionalità che faceva
sì che, da grandi attori, non dovessero mai ripetere le scene più di 2 o 3
volte, spesso risultando già perfetti al primo ciak”.
Un altro confronto
emerso, quello con Mickey Rourke che recitò per la Cavani in Francesco: “Anche lui, come Mastroianni, si ripeteva le battute
prima dei ciak, fino a farle completamente sue”.
Liliana Cavani ha frequentato
Marcello Mastroianni anche fuori dal set e ha ricordato come l’attore usasse
raccontare aneddoti spesso molto divertenti. “Uno di quelli che mi colpì
di più riguardava il suo incontro con Greta Garbo. Sia lui che lei ci tenevano
a conoscersi e così fu organizzato l’incontro in una sala riservata al primo
piano della libreria Rizzoli sulla 5a strada di New York. Quando rimasero soli,
l’attrice si mise ad osservare le scarpe di Mastroianni e gli chiese dove le
aveva comprate (Marcello notò che anche lei indossava scarpe da uomo). Dopo
quel brevissimo dialogo, rimasero tutto il tempo in silenzio, senza sapere cosa
dirsi, fino a quando non si congedarono”.
Il film preferito di Liliana Cavani
tra quelli interpretati dall’attore? “Ne ha fatti quasi 150, non li ho
visti tutti, ma ne cito senz’altro due, La dolce vita e Matrimonio
all’italiana.” Si è mai
parlato, dopo le due esperienze consecutive, di tornare a lavorare con
l’attore? “No, ma se avessi avuto la possibilità di averlo su un mio set
lo avrei chiamato di corsa, Marcello Mastroianni è stato sicuramente l’attore
più amato per tutti quelli che fanno cinema”.