Dagli esordi a 16 anni nei Radicali, ad oggi, alle ultime battaglie che lo hanno segnato come uomo e come politico, ormai in pensione. Roberto Giachetti si descrive infatti proprio così.
In un clima di antipolitica e di “odio” verso la “casta”, l’ex vicepresidente della Camera dei Deputati non ha paura di dire di aver trascorso una vita in politica, di averne fatto il suo lavoro e di averla fatta sempre con semplicità.
Lo ha fatto dinanzi ad una folta platea sabato 13 ottobre, in occasione della presentazione a Bitonto del suo libro “Sigaro, politica e libertà”.
Durante l’evento organizzato dal circolo cittadino del Partito Democratico, sollecitato dalle domande di Marco Tribuzio e Angela Abbatantuono, Giachetti ha ripercorso tutta la sua carriera, partendo dall’esperienza a fianco di Marco Pannella.
Al leader Radicale, si è avvicinato da giovanissimo, individuando nel movimento “un’alternativa al terrorismo. Era contro il sistema, ma non violento”. “Devo tutto ai radicali per la mia formazione politica (dai 18 ai 30-35)” ha continuato Giachetti, che ha ricordato anche l’amara delusione delle amministrative a Roma nel 2016.
Un appuntamento elettorale, compromesso anche dalle fake news circolate sul suo conto, al quale si era preparato andando sulla tomba di Luigi Petroselli, il sindaco comunista della Città Eterna, da lui ritenuto il più grande primo cittadino della capitale.
“Un sindaco, per me, deve avere il coraggio per fare cose impopolari e per dire di no. La sua forza sta nel riuscire a motivare e creare orgoglio nei cittadini per fare cambiamenti difficili. Petroselli trasformò una città piegata su sé stessa. Idem la prima giunta Rutelli. Ci fu un grande salto di qualità e ripresa, perché la gente si sentiva parte della riscossa”.
Sono questi per Giachetti gli ingredienti per un buon primo cittadino. “Non basta solo essere onesti – ha dichiarato, riferendosi ai militanti del Movimento 5 Stelle -. Se non si è capaci e non si conoscono le cose da affrontare, avviene quello che sta succedendo a Roma”.
Una città che, secondo il piedino, sta retrocedendo. “I grillini non hanno avuto l’umiltà di studiare né di circondarsi di persone che non siano signor sì. E non riescono neanche a far sognare i cittadini”.
Un sogno che avrebbe potuto avere il nome di Olimpiadi.
“Gran parte dei lavori si fa grazie ad eventi, come successe con il Giubileo, ma loro hanno rinunciato a un’opportunità, che questa volta sembrava molto possibile. Ho visto il dossier olimpico e Roma si sarebbe potuta trasformare”.
Vietato l’alibi della possibile frode negli appalti: “Io non ho mai avuto neanche avvisi di garanzia per i lavori per il Giubileo. Loro avrebbero potuto dimostrare la loro onestà facendolo, non sottraendosi”.
L’interesse per la città è venuto meno anche nella questione stadio della Roma, con cui si sarebbe riqualificato un intero quartiere e avere 600milioni per opere pubbliche.
Giudizio negativo anche sul governo nazionale gialloverde, in particolare sulle posizioni antieuropeiste e sull’uscita dalla UE che, secondo Giachetti, si potrebbe profilare proprio con la manovra economica. “Non si può difendere Europa così com’è – ha premesso –. Se vogliamo resistere ad onda populista, dobbiamo dire Europa sì, ma non così, e indicare strada cambiamento per accorciare tempi e trasmettere cosa significa non avere più l’Europa e come immaginare Europa più vicina ai cittadini”. Un primo passo sarebbe l’elezione diretta dei vertici.
In Italia, invece, tra le priorità dovrebbero esserci la legalizzazione delle droghe leggere, che potrebbe portare nuovi introiti per lo Stato, ostacolare la criminalità organizzata e assicurare l’assenza di stupefacenti tagliati con sostanze chimiche, e la riforma della giustizia, a cominciare dalla riforma della custodia cautelare, l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale e la separazione delle carriere.
Nella lunga chiacchierata, Roberto Giachetti però non ha salvato neanche il suo partito.
Al PD innanzitutto sono addebitati i motivi della sconfitta al referendum costituzionale, non determinata solo dalla cattiva informazione. “Gli errori sono stati anche nostri – ha ammesso l’ex vicepresidente della Camera -. È stata deleteria l’idea di non dividere i quesiti. Poi Renzi, dicendo di andar a casa se avesse perso, ha personalizzato l’appuntamento referendario. L’informazione si è unita nella lotta contro Renzi, impaurendo le persone”.
Assurdo poi per Giachetti che all’interno dello stesso PD si siano formati comitati per il no. “L’idea che i peggiori nemici siano nel tuo partito non depone a favore”.
Un problema a cui va trovata subito una soluzione.
“Sino ad ora abbiamo tollerato l’intollerabile e abbiamo sbagliato. Dopo le primarie, chiederò che dal palco tutti si impegnino a procedere sulla stessa strada del vincitore, oppure che vadano via. Non penso ci sia futuro per un PD che deve andare avanti ad espulsioni”.
Per non perdere altro elettorato, però, è necessario stabilire la data delle primarie. Scelta che si sta prolungando e per cui ha già iniziato lo sciopero della fame.