Da Città Democratica riceviamo e volentieri pubblichiamo
Sottrarre i minori alla violenza
ADESSO · TUTTI
Non ci siamo ancora tutti assuefatti – per fortuna – alla violenza. Si poteva temere che il dilagare di certe immagini, cui ormai assistiamo da anni praticamete tutti indistintamente, avrebbe prodotto una tale abitudine da renderci insensibili dinanzi a situazioni violente. Pare invece che non sia così.
Forse guardarla ci dà un senso di odiosa familiarità, ma nel profondo la ripugniamo.
Ed è dunque da giudicare positivamente l’ondata di sdegno seguita al pestaggio del giovane sedicenne in Villa Comunale qualche giorno fa. Un episodio che non possiamo certo considerare abituale, ma che purtroppo appartiene al patrimonio esperienziale di moltissimi giovani bitontini, da decenni. Non per questo su di esso dobbiamo sorvolare. È anzi un gesto di responsabilità civile importante caricarsi sulle spalle questi fatti di ordinaria follia cercandone in qualche modo il bandolo, in tema di sicurezza o in tema di educazione, a seconda dei punti di vista e degli orientamenti politico culturali di chi si esprime.
È evidente che episodi di questo tipo si prestano a strumentalizzazioni in quanto mettono a nudo la nostra vulnerabilità, come singoli e come comunità. Come singoli perchè ci ricordano che non siamo mai al sicuro, che quando meno ce lo aspettiamo salta fuori l’insidia a rovinarci la vita. E vogliamo giustizia, invochiamo protezione, ce la prendiamo coi vicini che non hanno fatto nulla o hanno fatto troppo poco per aiutarci. Come comunità perchè emerge ogni giorno l’immane lavoro sociale che è necessario fare per dare armonia alla città e giustizia ai suoi cittadini.
In base a quello che s’è potuto comprendere, una banda di ragazzacci avrebbe attaccato briga con altri tre ragazzi di famiglie a modo nel cuore delle Villa Comunale. A farne le spese uno dei tre, pestato selvaggiamente dai bulli e ridotto in condizioni tali da richiedere ricovero in ospedale con interventi di sutura al viso e via descrivendo.
Si è trattato di un raptus di follia da parte di giovani solitamente innocui oppure di un’ennesima bravata di un gruppetto di drughi in cerca di guai? Dalle notizie raccolte sembra vera la seconda eventualità. Non si è trattato dunque di un episodio di violenza pura, gratuita, ancestrale, ma di una violenza sistematica, sociale, una violenza che si fa codice di comportamento, segno particolare di una carta d’identità che iscriverà questi rampolli ai clan, presto o tardi. E questo fa rabbia perchè in tal caso si poteva e doveva evitare, in tal caso possiamo aspettarci altri episodi come questo, in tal caso la comunità oltre che stigmatizzare l’accaduto deve interrogarsi sulle misure che adotta per prevenire situazioni come questa, quale progetto educativo ha su questi apprendisti della mala.
Dalla posizione che occupiamo ci sentiamo di cogliere l’occasione per esortare l’assessore ai Servizi Sociali, Franco Scauro, a migliorare la propria azione politica in materia di minori a rischio, tra cui certamente rientrano i protagonisti della spaccata dell’altra sera. Rinominato ma non potenziato il vecchio progetto dell’assessore Vito Masciale, “ABC dei sogni”, oggi “Scrigno dei talenti” che prevedeva l’accompagnamento scolastico di questi minori ad opera di associazioni ma soprattutto parrocchie, che sono il più consolidato presidio sul territorio che questa città possegga, l’assessorato guidato oggi da Scauro ha fino a questo momento rivolto l’attenzione verso l’ampliamento del numero dei soggetti beneficiari del progetto (associazioni e bambini) e ad una differenziazione dell’offerta formativa. Ciò va bene, però non è sufficiente. Ormai dopo un decennio di lavoro sul campo occorrerebbe fare un passo in avanti.
Sganciare il progetto dalla calendarizzazione scolastica che lo vede cominciare verso ottobre/novembre e terminare agli inizi di giugno e formulare una programmazione differenziata per tipologie di minori.
Individuare con l’Ufficio preposto, di concerto con le Forze dell’Ordine, sentite le agenzie educative sul territorio, i minori a maggior rischio devianza e predisporre per loro, in via esclusiva e mirata, dei progetti intensivi che li impegnino per tutto l’anno, estate inclusa, ben oltre l’orario scolastico.
La collaborazione con le associazioni e le parrocchie è indovinata, perchè si avvale del ruolo socializzante di queste agenzie, che operano già nella direzione dell’integrazione, però la progettazione deve richiedere l’intervento di professionalità specifiche, quali educatori, psicologi, assistenti sociali di cui peraltro ormai quasi tutte le diverse realtà del terzo settore sono largamente dotate.
Se questo comporterà una riduzione del numero dei beneficiari, si tratterà di fare una scelta tra quelli che dimostrano maggiore efficacia e soprattutto che si impegnano a prendersi cura dei minori che rientrano nelle tipologie più a rischio di cui sopra si è detto.
Non possiamo affermare che, così facendo, episodi come quello dell’altra sera non si sarebbero mai verificati, ma quanto meno potremo dire di aver fatto del nostro meglio per evitarli.