La vicenda raccontata dal sindaco di Forlì Roberto Balzani sta facendo il giro del web.
Il caso riguarda un alunno di una scuola media sorpreso dall’insegnante mentre guardava foto hard sul cellulare. Come punizione, il docente si è fatto consegnare il telefono, chiedendo che a ritirarlo fosse uno dei genitori. A scuola si è presentata la madre dell’alunno, accompagnata da un avvocato, che ha accusato il professore di furto. La mamma avrebbe addirittura difeso il figlio sostenendo che le foto incriminate non erano poi così hard, dato che la donna immortalata “aveva anche il perizoma”.
In questa vicenda tanti ci vedono il deterioramento delle relazioni sociali e in particolare delle figure educative. Dirigenti scolastici assediati dagli avvocati senza scrupoli, insegnanti che si disperano e studenti che cercano di approfittare della falsa protezione dei genitori. L’apice del grottesco.
Già. Se un tempo si portava la mela rossa e la torta alla maestra, oggi si fa arrivare in classe una denuncia. Dal rapporto di estremo rispetto e metus reverenziale che avevano i genitori nei confronti degli insegnanti, si è passati a una relazione spesso turbolenta. La maestra aveva sempre ragione e se rimproverava un alunno, o gli scriveva una nota sul diario, poteva contare sul supporto della famiglia che avrebbe rincarato la dose a discapito del figlio.
Oggi la tendenza è invertita: il supporto e la ragione si dà ai figli contro gli insegnanti.
I genitori di oggi sono i figli di quelle famiglie che non mettevano mai in discussione le decisioni di un docente, così come le generazioni prima di loro. Sono stati cresciuti con l’idea di rispetto verso chi stava dietro la cattedra, quel rispetto di cui ha raccontato nei suoi film François Truffaut per chi compie ogni giorno il faticoso mestiere di trasmettere agli altri qualcosa. Eppure oggi in cattedra vorrebbero ergersi loro.
Alessandro D’Avenia, qualche anno fa, aveva definito con ironia e sagacia la relazione tra docenti, studenti, genitori: il “triangolo amoroso della scuola nel quale se tutti si alleano per un bene comune sono felici, senza tradimenti, sotterfugi e corna”. Un triangolo che, però, di amoroso spesso non sembra avere proprio nulla, a dispetto dei patti di collaborazione che si sottoscrivono.
Molti insegnanti sanno quanto oggi sia difficile discutere con quei genitori che sembrano più che altro degli avvocati del figlio; genitori pronti a prendere sempre e comunque le difese del figliol prodigo, quando un docente si permette una valutazione che non rispecchia il suo valore. Per quanto maldestro possa essere un insegnante, egli è sempre qualcuno che sta svolgendo una professione nella quale l’investimento di risorse umane non è quasi mai proporzionato alla gratificazione economica che riceve.
I genitori difendono i loro figli, talora in modo eccessivo, contro gli insegnanti, prendendo per buono ciò che i figli raccontano loro di quello che accade a scuola. Quei genitori che, anche per compensare alle loro manchevolezze, alla loro mancanza di tempo, alla loro distrazione, sentono la necessità di riconquistare l’amore dei figli con un eccesso di protezione.
Ma attenzione: un genitore che parla male dell’insegnante del proprio figlio, per quanta ragione possa avere nel lamentarsi, non sta facendo il bene del figlio, soprattutto se questi è pienamente consapevole che suo padre o sua madre si schierano costantemente al suo fianco ed in contrapposizione al docente. Se i genitori parlano male costantemente degli insegnanti, stanno trasmettendo al figlio l’idea che comunque lui ha sempre ragione e che il torto è sempre degli altri. E in una società come la nostra, fortemente narcisistica, ciò non fa altro che aumentare nei ragazzi la convinzione di essere al centro di un mondo che deve ruotare sempre al loro servizio. E non fa altro che aumentarne esponenzialmente la fragilità.
Siamo stati capaci di distruggere il principio di autorità tipico degli educatori proprio mentre il nostro principio di autorità, per stanchezza, pigrizia, disattenzione e malintesa democrazia, diventava sempre più flebile.
E’ finita l’epoca in cui l’insegnante e il genitore impugnavano insieme la bacchetta e la cinghia per raddrizzare le schiene poco docili. A dare una lezione e a far riflettere però ci ha pensato anche Papa Francesco: «Una volta, ero in quarta elementare e avevo detto una brutta parola alla maestra. Lei, una donna buona, chiamò mia madre per l’indomani, hanno parlato tra loro e poi sono stato chiamato. Mia madre mi ha detto davanti alla maestra che quanto avevo fatto non era bello e quindi mi ha chiesto di chiedere scusa alla maestra. Lo ha fatto con dolcezza e sono rimasto contento. Ma poi a casa c’è stato il secondo capitolo… Oggi se capitasse una cosa del genere il genitore andrebbe a rimproverare la maestra…». Insomma i genitori non rimproverino gli insegnanti, ma i figli.
Il riflesso condizionato dei nostri genitori era certamente esagerato, ma rispondeva a un principio generale che a quella generazione era stato inculcato con nettezza: se un’istituzione da loro riconosciuta come tale riteneva di doverti richiamare all’ordine, c’era un buon motivo. E un adolescente non era autorizzato a ribellarsi, né a reagire. Figurarsi provocare.
Che tutto è cambiato, che tutto va a rotoli, che si stava meglio quando si stava peggio l’hanno già detto in tantissimi e sarebbe banale ripeterlo. L’educazione va trasmessa con il richiamo al rispetto dei ruoli e del prossimo, con l’esempio, con la comprensione e poche ma buone regole ferme e inderogabili.
L’eccesso opposto è rappresentato dal lassismo trasformato in buonismo. Dalla delegittimazione della scuola, che critichiamo per i suoi deficit ma che spesso ignoriamo, impegnati come siamo a inseguire molto di ciò che è vacuo e certamente infinitamente meno importante della corretta crescita dei nostri figli.
Insegnare, trasmettere, dare l’esempio e correggere sono attività molto difficili, tanto per un genitore quanto per un insegnante. Servirebbero consapevolezza e presa di coscienza dei doveri che tutti noi abbiamo nei confronti della famiglia e dell’intera società.
ARTICOLO PUBBLICATO SU www.ilsudest.it