Il banco più bello del mondo è qui, in un cantuccio della segreteria del Liceo Scientifico “Galilei” di Bitonto.
E’ custodito come un oggetto sacro.
I ragazzi lo hanno pure ricoperto con una pellicola trasparente perché quello scrigno di ricordi ha un compito altissimo, superiore a pochi anni di scuola: l’eternità.
Ma non pensiate a qualcosa di immenso, cari lettori, ma solo al tempo del cuore.
Quello che gli (e ci) è dato di vivere quaggiù e anche oltre, quando l’amore vince l’invido Crono.
Quel banco, infatti, è di Donald, studente dell’istituto suddetto, piccolo angelo cestista, che, per motivi a noi oscuri, ha deciso che poteva bastare la sua permanenza su questa terra.
Un fatto di una terribilità che schianta. Soprattutto chi lo ha avuto ed ancora lo avrà caro per chissà quanto.
E già, perché il giovane fiore prematuramente reciso non poteva sapere che tanti lo amavano per davvero.
La famiglia, certo.
Ma anche i compagni di classe. Dialoghi che la morte non può mai interrompere se fatti di palpiti veri. Di memorie, di emozioni, di cose – si intravvedono un braccialetto ed un pacco di fazzolettini, ah quante lacrime hanno abbracciato con la loro cellulosa – di frasi pure un po’ sciocche, ma dettate da quell’oceano d’affetto che è l’amicizia.
Tutto tatuato su quel banco.
E dietro ci sono seduti tutti i suoi compagni di classe. Ancora e per sempre.
Che, poi, è una classe un po’ strana, perché ogni poco se lo vengono a contemplare ragazzi di altre classi, che a Donald erano legati a doppio, triplo filo.
E anche qualche docente ogni tanto passa la mano su quel piano e pare che voglia ancora carezzare dolcemente quell’alunno bambino.
Così, il piccolo Donald è ancora lì, negli occhi lucidi di un’amica, nel sorriso ferito di un compagno, nel cipiglio pensoso di un professore.
E in un banco pronto a salpare verso il porto del cielo come un piccolo veliero inaffondabile…