Domenica 19 e lunedì 20 maggio 1968 i cittadini italiani tornano a votare per rinnovare il Parlamento e per eleggere i parlamentari che comporranno la V legislatura. È un anno particolare. È l’anno delle grandi contestazioni, l’anno in cui le manifestazioni di protesta che animano tutto il mondo, specialmente in Occidente, già da qualche anno, raggiungono il loro picco. Grandi movimenti di massa socialmente eterogenei dagli operai agli studenti, passando per gruppi etnici e altre categorie, manifestavano in quasi tutti i Paesi del mondo, contestando gli apparati di potere dominanti e le loro ideologie. Per il momento, comunque, preferiamo concentrarci sull’appuntamento elettorale, lasciando le contestazioni al prossimo appuntamento della rubrica.
Si torna al voto, dunque, in un clima di sfiducia sempre più acceso. Durante la IV legislatura si erano alternati ben tre governi presieduti da Aldo Moro e sostenuti da Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partito Socialdemocratico e Partito Repubblicano. Una coalizione formatasi con lo scopo di sfruttare il boom economico, ormai conclusosi, per creare un sistema di welfare che aiutasse i ceti sociali più bassi. Ma i forti contrasti tra le forze politiche e l’incapacità di cogliere per tempo i cambiamenti in atto nella società impediscono il raggiungimento di questo obiettivo.
Che la società e la politica iniziano a cambiare si può scorgere anche dalle parole del democristiano Renato Dell’Andro che, in visita a Bitonto, per un congresso della Fuci (Federazione Universitaria Cattolici Italiani), secondo cui le manifestazioni studentesche sono espressioni di una crisi dell’istituto scolastico che, in realtà, è una crisi ben più profonda, quella dello Stato e di tutte le altre istituzioni: «Viviamo in un’epoca di crisi, di sfiducia, e ciò perché, caduti i miti dello Stato autoritario e della razza, non abbiamo ancora saputo far nostri i valori dello Stato democratico, della libertà, del rispetto dell’altrui persona, della giustizia».
Tra gli argomenti affrontati da Dell’Andro, anche il divorzio, di cui si parla, ma che vede il mondo cattolico contrario, vedendolo come un attacco all’istituto della famiglia. Nel ’70, sarà approvato e, nel ’74, sarà oggetto di un fallito referendum abrogativo.
L’argomento del divorzio è affrontato anche dall’onorevole Vito Lattanzio, presenza fissa in ogni competizione elettorale dell’epoca, insieme all’onorevole Michele De Capua e al presidente del Consiglio Aldo Moro che, in una piazza Margherita affollata, oltre ad accusare i comunisti di foraggiare le contestazioni, affronta molte delle questioni care ai giovani, come la disoccupazione, che spinge molti di loro ad emigrare: «Gli italiani si muoveranno sempre; noi andiamo ovunque nel mondo ma dobbiamo poterci andare liberamente. Nessuno deve essere costretto a cercare lavoro lontano dalla propria casa, dalla propria famiglia, dalle proprie tradizioni. Non possiamo portare le industrie in ogni centro abitato. È importante, allora, attrarre e far convergere le forze migliori di ogni zona, e soprattutto di quelle in cui più intenso è oggi il fenomeno dell’emigrazione, verso i centri di industrializzazione. È così che la geografia di un Paese muta con la sua storia».
Per il Partito Comunista parla a Bitonto la deputata barese Ada Del Vecchio, elencando i meriti del centrosinistra e le questioni su cui si punta per la legislazione successiva, come ad esempio, il ruolo della donna nel mondo del lavoro, sempre più di attualità anche grazie alle proteste in corso: «Con la programmazione saranno avviati a soluzione i problemi generali del lavoro femminile e, in particolare, la parità salariale, la tutela del lavoro femminile, la riforma sulla tutela della maternità, l’eguale trattamento di invalidità, vecchiaia, infortunistica».
Candidato al senato per il Psu Domenico Larovere, futuro sindaco di Bitonto e candidato al collegio di Bitonto per il Senato, fa un bilancio positivo della quarta legislatura e criticando il Pci di essere intrappolato tra la volontà di unità delle sinistre e la loro posizione, a suo dire, succube verso l’Urss.
Di tutt’altro parere, verso il precedente quinquennio, che, attraverso l’avvocato Ragone, segretario della sezione di Bari, si definisce unica forza di opposizione autenticamente costituzionale e democratica.
Nel Movimento Sociale Italiano, a parlare, tra gli altri, è Ernesto De Marzio, che accusa i partiti di governo di non essere stati in grado di assicurare i promessi investimenti produttivi per la creazione di posti di lavoro e per ridurre il divario tra Nord e Sud. Il Msi accusa, inoltre, di non aver risolto il problema del riordinamento degli istituti previdenziali e delle pensioni oltre a non aver affrontato le riforme burocratica, universitaria e tributaria. Ai socialisti, i missini rimproverano di tutelare i gruppi monopolistici e, nelle piazze, parlare di lotta di classe. Rifiuta, infin, la tesi democristiana per cui l’indebolimento dello scudo crociato favorisca i comunisti.
Candidati al collegio di Bitonto, per il Senato, sono Pasquale Marinelli per Pci – Psiup (25766 voti e 26,83%), Guido D’Innella per il Pli (2017 voti e 2,10%), Trifone Petruzzellis del Pri (552 voti e 0,57%), Carmine Sylos del Pdium (2778 voti e 2,89%), Domenico Larovere del Psu(15269 voti e 15,90%), Oscar Crespini per il Msi(5687 voti e 5,92%), Vito Rosa della Democrazia Cristiana, eletto con 43969 voti (45,78%). Tra i bitontini, al Senato, entra, per l’ultima volta, il socialista Angelo Custode Masciale, mentre, alla Camera dei Deputati, ancora una volta, accede Italo Giulio Caiati che, durante la V legislatura entrerà nell’esecutivo come ministro per gli Interventi Straordinari per il Mezzogiorno. È, e tutt’oggi resta, il primo e unico bitontino a diventare ministro nella storia della Repubblica Italiana. Oltre a Caiati accede, eletto nel collegio di Napoli, Arcangelo Lobianco, sempre per la Democrazia Cristiana
Spariscono dalla scena politica alcuni bitontini che, nei primi venti anni di repubblica, erano stati senatori o deputati: Nicola Angelini, senatore nelle prime quattro legislature, morto nel ’66, e Michele De Capua, deputato dalla seconda alla quarta legislatura, non più rieletto (morirà qualche anno dopo, nel ’74).
Le consultazioni elettorali vedono l’affermarsi della Democrazia Cristiana, in leggera crescita, e della coalizione di centrosinistra che, però, subisce un ridimensionamento. L’esperimento del Psu, il Partito Socialista Unitario, nato dall’unione tra il Partito Socialista Italiano e il Partito Socialista Democratico Italiano non ottiene il successo sperato, mentre quei socialisti dissidenti coagulatisi nel Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (Psiup), che s sono alleati con il Pci, rafforzano l’opposizione di sinistra. Consensi in calo a destra, per liberali, missini e monarchici. Per questi ultimi è l’ultima competizione elettorale a cui si presentano. Quattro anni dopo confluiranno nel Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale. I repubblicani, invece, dopo una fase di crisi, tornano a guadagnare consensi.
A Bitonto, alla Camera, è sempre la Dc che ottiene il maggior numero di preferenze, 8127, per l’esattezza (39,60%), seguito dal Pci con 6582 voti (32,07%), dal Psu (3397 voti e 16,55%), dal Psiup (813 voti e 3,96%), dal Msi (724 voti e 3,53%), dal Pdium (417 voti e 2,03%), dal Pli (255 voti e 1,24%)m dal Pri (151 voti e 0,74%) e dal Partito Monarchico Nazionale (57 voti e 0,28%).