(di Donato Rossiello, Nico Fano)
Siamo alle solite! Giunge dicembre e si traggono le somme. Che si parli di bambini/e al vaglio del giudizio insindacabile di Babbo Natale o di imprese multinazionali quotate in Borsa, c’è sempre il momento in cui fare i conti [letteralmente – nda] di bilancio. Sono trascorsi ben 12 mesi da quando decidemmo di intraprendere questa nostra avventura editoriale. E, come accade spesso al termine di qualche pellicola cinematografica di quart’ordine, vi sveliamo un piccolo retroscena della rubrica.
Gli incontri per stabilire quali argomenti trattare e come svilupparli hanno assunto sin da subito le sembianze di goliardiche chiacchierate – tra il molto serio e il degenerante faceto – davanti a del buon caffè fumante, un portatile, carta e penna.
Il 23 febbraio scorso pubblicammo l’articolo “Il Coronavirus contagia i mercati” lasciandoci con una battuta priva di alcuna ilarità: ulteriori due settimane di persistenza del Covid-19 avrebbero implicato degli smottamenti notevoli sul piano finanziario globale. Inutile specificare cosa l’umanità sia stata costretta ad affrontare di lì a breve, arrivando persino al reintegro nell’uso consueto di termini spaventosi quali pandemia, coprifuoco e lockdown.
Il 2020 è stato sì monopolizzato da un’ingombrante e virale presenza ma ha offerto anche dei preziosi spunti, sia didattici che formativi, per meglio comprendere il complesso funzionamento dei mercati. Così, quello che accadrebbe in anni ed anni è avvenuto in pochissimo tempo. Basti pensare alle dinamiche da panico scatenate dalla curva dei contagi e il crollo nel settore dei trasporti, oppure alla fiducia ritrovata degli investitori in seguito alle prime notizie di un vaccino efficace.
Un esempio da montagna russa? Osserviamo i valori dell’indice Standard and Poor’s… I massimi si attestano su quota 3388 circa prima della diffusione del virus (al 20 febbraio), i minimi su 2174 durante il periodo critico (23 marzo), 3690 in data odierna.
Eppure non è accaduto solo questo! Spostando il discorso su lidi più tecnici, negli ultimi 366 giorni è emersa in modo inequivocabile la fine per i rendimenti positivi dei titoli di stato governativi nei paesi sviluppati. Cosa fare quando tali strumenti non garantiscono più una resa? Le strade sono tre, ovvero i titoli governativi dei mercati emergenti, i titoli obbligazionari delle società e il mercato azionario (che abbiamo visto offrire ritorni interessanti, a cui però corrispondono rischi maggiori e la necessità di gestire tutto con una metodologia prestabilita).
Insomma, ce ne sarebbe di materiale di studio e analisi. Peccato lo spazio sia tiranno. Corriamo a preparare le cartellate al vincotto, i calzoncelli con pasta di mandole, senza dimenticare l’acquisto di un paio di babbucce da regalare a zio Chelino.
Evitando inediti sentimentalismi, da “La Borsa o la vita” è tutto per ora. Vi auguriamo delle serene festività e, soprattutto, che i vostri obiettivi si realizzino. Ora linea al «Da Bitonto» (che ringraziamo per la calorosa ospitalità). Ad maiora!