Romano Luperini ospite all’Università di Bari per una lezione sull’
Iper-moderno
Grande sorpresa all’Università di
Bari, nella mattina del 21 novembre scorso, per l’inattesa visita del noto
critico letterario, scrittore e politico italiano Romano Luperini, invitato
dall’ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea dell’Ateneo
barese, il prof. Giuseppe Bonifacino, a tenere una lezione sull’evoluzione
storico-culturale degli ultimi settant’anni.
Illuminante l’analisi profonda e
dettagliata dei fatti storici del Post-moderno: dalla fine del secondo
conflitto mondiale nel 1945, alla ripresa del 1956 con l’apertura, sul versante
culturale, alle moderne discipline europee come la psicanalisi e la
linguistica, al 1973 con la grande crisi petrolifera e il dominio del
Linguaggio come unica forma di
conoscibilità del reale, fino alla soglia limite del 2001, con l’attentato alle
Torri Gemelle, anno che segna una svolta non solo nel panorama politico e sociale
ma soprattutto sul piano ideologico: comincia quella che i critici hanno
definito l’era dell’Iper-moderno.
Il docente senese ha illustrato
con chiarezza e rigore logico quella che è la letteratura oggi: l’insegnamento
scolastico e, a volte, anche quello universitario, tendono a mitizzare il mondo
delle Lettere e a farlo percepire lontano dal nostro vissuto, dalla nostra
storia che, al contrario di quanto si affermò all’indomani della Caduta del
Muro di Berlino, non è affatto finita. La complessità del reale si fa oggi
sentire ancora più viva e tangibile alla maggior parte, per mezzo della crisi
economica, della disoccupazione giovanile, dell’immigrazione, del terrorismo,
della precarietà, che ormai coinvolgono tutti. Dunque altro che mitizzazione in
un mondo lontano: oggi c’è un ritorno alla realtà ancor più forte di quanto non
fosse accaduto nelle epoche precedenti ed è questo che determina
l’Iper-moderno.
Vari i nomi citati dal critico: Massimo
Recalcati, che con “Cosa resta del padre?”, edito da Raffaello Cortina nel
2011, ha posto in luce il “nar-cinismo” della nostra società, basata sul
godimento in quanto tale, a cui viene contrapposta la figura del padre, o
meglio dell’insegnante-padre, espressione del valore atavico della testimonianza.
Ma anche altri grandi autori contemporanei come Walter Siti con “Troppi
Paradisi”, Einaudi 2006 e Aldo Nove, che porta in prima linea il precariato
giovanile con “Mi chiamo Roberta…”, Einaudi 2006; Roberto Saviano, palese
espressione del ritorno alla realtà di cui sopra, con il romanzo-reportage
“Gomorra” , edito da Mondadori 2006, e, per concludere, Valerio Magrelli, il
più grande poeta italiano vivente, con la sua ultima raccolta “Il Sangue
Amaro”, Einaudi 2014, di cui, Romano Luperini, concludendo la sua lectio
magistralis, ha declamato la lirica “Invettiva SOTTO una tomba etrusca”, sulla
precarietà degli intellettuali oggi, costretti al margine, tuttavia
ostinatamente espressione di “quell’ultimo alito della nostra pronuncia”.
Dunque un momento fortemente
educativo e di grande interesse culturale per le nuove generazioni che hanno il
coraggio di scommettere sulla Letteratura, ancor viva e specchio dei tempi.