Quale “Incipit” di questo nostro
Scritto sulla drammatica vicenda di Stefano Cucchi la cui morte, nonostante
Egli fosse in custodia dello “stato” italiettino, è, ancora, avvolta nel
mistero, se è vero che la corte d’assise d’appello di roma ha assolto con
formula dubitativa tutti gli imputati a vario titolo presunti responsabili di
essa, chiamati in giudizio, Vogliamo Riassumere il Vangelo secondo Matteo,
oggi, domenica 9 novembre 2014, Proclamato, solo per dovere di
calendarizzazione liturgica, in tutte le chiese della cattolicità.
Cucchi, dopo
il suo arresto, avvenuto il 15 ottobre del 2009, ad opera della polizia per
possesso di droga, fu traghettato in manette in due stazioni dei carabinieri,
nel tribunale, nella cella di sicurezza e nell’infermeria del tribunale, nel
carcere di ”regina coeli”, nel pronto soccorso di “fatebenefratelli”, nel centro
di detenzione dell’ospedale “pertini”, dove morì il 22 ottobre 2009. Ebbene,
durante codesta sofferta “Via Crucis” di Cucchi, ben 150 “persone”, come
Denuncia Luigi Manconi, Presidente di “A buon Diritto”, sarebbero venute in
contatto con Lui e nessuno di loro “avrebbe offerto aiuto a un essere umano che
andava alla morte”.
I nostri 25 Lettori, dopo la nostra Sinossi del Vangelo
secondo Matteo (Mt 25, 31 – 46), Conosceranno la commossa Motivazione, che
Sorprenderà, Scandalizzerà il sinedrio “parvulorum atque parvularum
clementium”, del nostro rifarCI, pur NOI Atei, a un Apostolo della Cristianità,
il cui Magistero l’accolta di cattolici, che appena sopra fummo costretti a
nomare, dovrebbero Interiorizzare, Metabolizzare, FarNe Stile, Pratica della
loro Vita, per non essere considerati dal Signore “capri” e mandati in eterno a
soffrire nell’inferno, come, secondo la Parabola di Matteo, i loro simili in
fariseismo, già trapassati.
Matteo, quindi, Rappresenta Gesù Intento a Dividere
le genti, quando esse si riuniranno davanti al Trono della sua Gloria. A Quelle
che Porrà alla sua destra Dirà che Meriteranno il Regno dei Cieli per averLo
essi sfamato, dissetato, ospitato, pur Egli Straniero, vestito, visitato mentre
era malato e incarcerato. I Giusti riterranno di non essersi, mai, impegnati in
suo favore nelle buone azioni, dal Maestro Menzionate, e Egli così Loro
Risponderà: ”In verità, vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno
di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”. Poi, RivolgendoSi a
quelle che Porrà sulla sua sinistra, le Condannerà all’inferno per non averlo sfamato,
dissetato, Egli straniero, non ospitato, non vestito, non visitato mentre era malato e
incarcerato. Gli ingiusti pregheranno, allora, il Signore di ricordare loro le
occasioni in cui essi si erano astenuti dal fare in suo favore le buone azioni,
da Lui elencate.
E Gesù ad essi Risponderà: ”Ogni volta che non avete fatto
queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”.
Così, gli ingiusti andranno al supplizio eterno, i Giusti alla Vita Eterna. Pertanto,
Mossi dal Vangelo di Matteo, potremmo per il momento anche soprassedere alle
penali responsabilità dei 150 figuri che, certamente, hanno incontrato Stefano
Cucchi nel suo Viatico verso la morte, ”sed”, giammai, verremmo meno al nostro
Dovere di Stigmatizzare l’irresponsabilità etica di costoro nell’ essersi
astenuti dal mettere in opra i piccoli gesti Consigliati da Gesù nei riguardi
di qualsiasi Prossimo, specie dell’Ultimo, inerme, indifeso, dei Prossimi.
Cucchi rifiutava di bere e di cibarsi ? Con amorevole coattività nessuno di
costoro s’è occupato, preoccupato di cibarLo, di dissetarLo, rivolgendoGli
Parole di Conforto, di Umana Carità; non sappiamo se Cucchi fosse credente o meno,
“sed” nessuno dei 150, gettando lo sguardo di pur sprezzante indifferenza verso
il presunto spacciatore di droga incarcerato, ha voluto accorgersi delle immani
sofferenze di quel giovane solo davanti al Foscoliano Nulla Eterno o alla Cristiana Vita Eterna e
Gli ha chiesto se desiderasse l’assistenza di un prete, per non parlare della Presenza
del Padre, della Madre, della Sorella, avvisati con burocratico cinismo da un
carabiniere, molte ore dopo la sua morte, avvenuta all’alba.
Quale iato
disperante tra un nuovo giorno che sorge con il fardello di Speranze per tutti
gli uomini, in qualsiasi condizione si trovino, anche quelli rinchiusi nei
bracci della morte, di cui è pieno il pianeta, e una Vita che Si spegne in
un’ora anomala quando tutta la Natura con gli esseri in Essa viventi Risorge e
Ritorna a Risplendere il Sole che con la sua Luce Provoca gli umani a Vivere
secondo Verità, dopo averLa Cercata, senza sosta! Quella Verità, come nel caso
dell’”affaire” Cucchi, che lo “stato” italiettino, del quale gli sparuti Cittadini, non i condòmini, non
possono che vergognarSi, smette, non di rado, di inseguire, se è vero che si autoassolve,
opponendo ad Essa servitori reticenti (comunque, è lontana da NOI la ”prescia”
della generalizzazione): poliziotti, carabinieri, guardie carcerarie, non di
rado, inaffidabili; magistrati, per dirla con Piero Ostellino, incapaci, non di
rado, di fare il proprio “mestiere” e che con paranoica presunzione dispongono della
vita degli altri, autocraticamente, fidando delle proprie arbitrarie opinioni,
interpretando la Legge, a volte, allargandoNe, a volte restringendoNE il
Dettato.
E si perviene a sentenze di grado in grado smentite anni dopo.
A
braccio, vogliamo parlare delle sentenze che hanno riguardato andreotti ? Di
quelle che hanno riguardato raffaele sollecito, alberto stasi ? Dell’ultima
sentenza riguardante le guardie penitenziarie, gli infermieri, i medici che con
sussiego (mettiamola così, per Mitigare l’Amarezza), con burocratica sciatteria
(sinonimo di pestaggi, botte) si sono
confrontati con il Calvario di Stefano Cucchi ? Lo “Stato”, non opponendo l’opacità
dei suoi tentacoli centrali e periferici, che si identificano con le sue strutture, ha il Dovere di AssumerSi le Responsabilità e
di Spiegare, Democraticamente, ai Cittadini, non alla plebaglia condominiale,
come, mai, un ragazzo entra con le proprie gambe in carcere e ne esce dopo sei
giorni morto.
Infatti, Stefano Cucchi fu arrestato da alcuni poliziotti per
possesso di droga all’uscita da una palestra; “ergo”, era in buona salute;
“ergo”, la devastazione del suo corpo, di cui tutti siamo stati messi a parte
dalle fotografie, che Lo ritraevano sul lettino dell’obitorio, dai suoi
Famigliari mostrate “urbi et orbi”, non poteva essere stata causata da
patologie, che al momento del suo arresto erano inesistenti, né da un’accidentale
caduta per scale, di cui è ignota la logistica, in quanto per i suoi 43 chili
di peso (dopo sei giorni in mano, forse, di sbirri, ne pesava 37) il
capitombolo non poteva essere così esiziale da causargli: lesioni ed ecchimosi
alle gambe, al viso; fratture alla mascella, all’addome (inclusa un’emorragia
alla vescica), al torace (inclusa una
frattura alla colonna vertebrale).
Ingiustizia è stata fatta con la pilatesca
sentenza di assoluzione di tutti i chiamati in giudizio per la morte di Stefano
Cucchi, in quanto la corte d’assise d’appello di roma ha ammesso che il giovane
subì un vandalico pestaggio, “tamen”, poiché la procura non aveva prodotto
sufficienti prove di colpevolezza,”in dubio pro reo”, imponeva l’antica
dottrina giuridica, in quanto non si poteva pervenire alla verità processuale
sulle responsabilità penali sia dei figuri imputati di aver causato lesioni,
mortalmente, letali sul corpo del detenuto; sia dei medici, infermieri,
imputati di essere stati omissivi della Deontologia Professionale che Prescrive
a Chi Pratica il Sapere di Ippocrate di farNE Uso, di AdoprarLo con Coscienza,
Passione, Dedizione nella Cura di qualsiasi Paziente.
Il carneade Gianni torelli del ”sap”, cioè il
sindacato della polizia penitenziaria, commentando la sentenza di assoluzione
dei suoi associati imputati, ha. biecamente, affermato: ”Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno
conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze”. No, caro signor carneade!
Ché “quisque faber fortunae suae”, egli va a finire in ospedale, in un “lager”
psichiatrico, magari sotto i pini, se bacco, tabacco, venere sono le schizoidi
ossessioni della sua vita; magari in galera, se ha violato la Legge. “Sed” uno
Stato Democratico Istituisce i ”cancelli” (“carceres” in Latino) ché chi ruba, più
non rubi, chi uccide, più non uccida, ecc., ecc., ecc,. e, se possibile,
secondo l’Art. 27, 3° Comma, della Costituzione che Recita: ”Le pene non
possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere
alla rieducazione del condannato”, ché tra essi l’Uomo sia Rifatto o trovi le condizioni favorevoli al suo
Rinnovamento Culturale, Spirituale.
I carneade, come lei, non e–grege torelli,
devono sostituire alla sottocultura, tipica dei secondini, per cui gli
sfortunati, che capitano sotto le loro grinfie impunite, possono subire
tutte le più lerce umiliazioni, quasi
loro schiavi, la Cultura, la Visione del Mondo per la quale anche il più
sfrontato, il più sfacciato delinquente, grassatore, omicida seriale, è
titolare di Diritti che devono essere Salvaguardati in tutti i modi e con tutti
i mezzi da coloro a cui lo Stato Democratico Affida la di lui Custodia. Il
Roussoviano “Contratto Sociale” Si Basa sulla Fiducia del Singolo Cittadino nei
confronti della Comunità Sociale a cui Appartiene, che in qualsiasi situazione
Egli possa venire a trovarSi, anche extra Lege, Preservare la sua Dignità sarà
per Essa un “Officium” sacro. Per Hannah Arendt “la Fiducia non è una vuota
illusione, è, alla fine, l’unica cosa che può far sì che il nostro mondo privato
non diventi un inferno”.
Per concludere, non e–grege, signor carneade, Zagrebelsky,
il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Ammonisce che ”sui principi
bisogna essere sommamente intransigenti, pretendendo il rispetto dei fondamenti
della democrazia”, che per i “Cives, rarae aves”, Italiani sono gli Articoli della “Magna Charta”.