1918–2018. Cento anni fa, si concludeva la Grande Guerra, portandosi dietro un terribile bilancio di morte e distruzione. Anche tra le file dell’esercito italiano, dove una buona percentuale di vittime fu composta da meridionali, chiamati a combattere per motivi a loro ignoti, insieme a gente di cui non capivano la lingua, contro nemici altrettanti ignoti.
Ne parlerà domani a Bitonto Lorenzo Del Boca, in occasione dell’incontro “Il contributo del Sud alla Grande Guerra”. Un evento a cura del Centro Ricerche di Storia e Arte Bitontine con la collaborazione del Comitato “Bitonto Onora I Suoi Caduti” e il patrocinio del Comune di Bitonto. L’evento iniziarà alle 18 presso la Biblioteca Comunale “E. Rogadeo”.
Dialogherà con l’autore il giornalista Marino Pagano. Interverranno Stefano Milillo, presidente del Centro Ricerche e il vicesindaco Rosa Calò. La mattina l’autore sarà anche ospite del Liceo Scientifico “Galileo Galilei” di Bitonto per una discussione coi ragazzi attorno al suo libro.
Autore di numerosi saggi di ricerca storiografica, presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti dal 2001 al 2010, Lorenzo Del Boca ha scritto ultimamente “Il sangue dei terroni”, in cui affronta proprio il tema dei tanti meridionali costretti a partire per combattere e morire senza neanche conoscere le ragioni.
«Un’intera generazione spazzata via. Figli del Meridione, contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, quasi per metà analfabeti, giovani di vent’anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in lande remote, tra montagne da incubo e pianure riarse. Si sacrificarono per gli interessi di quelle élite economiche che sfruttavano la loro terra, succhiandone le energie e rapinandone le risorse, e per il tornaconto di una nuova classe politica che li trattava con ferocia o disprezzo. Finirono a decine di migliaia nelle trincee, stretti nella morsa del fango e del gelo, sotto una pioggia perenne di bombe. Diventarono carne da cannone, numeri da inserire nelle statistiche dello Stato Maggiore, bandierine che i generali spostavano sulle mappe con noncuranza. Vennero massacrati sull’Isonzo e a Caporetto, combatterono con disperazione e con valore sul Piave, lanciati da ufficiali balordi o criminali contro un nemico che non conoscevano e che non avevano motivo di odiare. Conobbero la paura, la morte, l’eroismo. Erano i nostri nonni, i nonni del nostro Sud», scrive l’autore.