Ma chi è Domenico Conte?
Il 48enne, meglio conosciuto come “Mimm ù nègr”, parrebbe regnare sull’omonimo gruppo criminale bitontino e sarebbe protagonista della faida con il gruppo rivale “Cipriano”, pare guidato da Francesco Colasuonno ora in carcere.
Secondo l’ultima ricostruzione elaborata dalla Questura di Bari, Conte avrebbe “iniziato la sua carriera” agli inizi degli anni ’90 quando era appena 20enne e divenne sin da subito uomo di fiducia di Michele d’Elia, conosciuto come “Micheil sèj de’sct” (sei dita, ndr), affiliato alla Sacra Corona Unita che aveva come referente il più famoso boss monopolitano Giuseppe Muolo.
D’Elia muore il 3 maggio 1992 dopo aver forzato un posto di blocco della Polizia di Stato. L’evento luttoso fece sì che Conte si associasse a Mario d’Elia e Giuseppe Cassano, rispettivamente fratello e nipote di Michele, i quali avrebbero formato un gruppo criminale che si contrappose al radicato gruppo vicino a Savinuccio Parisi, sorretto all’epoca da Michele Bux (detto “La pallina”, morto per omicidio nel 1997) e poi da Giuseppe Valentini.
Secondo l’ipotesi investigativa, è seguito un decennio in cui il gruppo Conte ha iniziato a radicarsi a Bitonto attraverso lo spaccio di sostanze stupefacenti nella zona 167 nelle palazzine di via Pertini, roccaforte del presunto boss. L’attività illecita ha riguardato anche l’imposizione di tangenti ai commercianti in contrapposizione al gruppo rivale dei Semiraro – Valentino, per il controllo dei traffici illegali.
Il 31 gennaio del 2003, due persone, che alcuni individuarono come i pregiudicati Giuseppe Leccese e Michele Pazienza, tentano di uccidere il presunto boss Conte. Aver mancato l’obiettivo, li condanna per sempre: i loro corpi sparirono nel nulla, Leccese a luglio, Pazienza ad agosto.
Con l’operazione “Harvest” del 10 maggio 2004, il gruppo Conte viene decimato: viene arrestato Domenico Conte, Vito Napoli e Mario d’Elia, detenuti per oltre tre anni fino al 19 aprile 2007 quando la prima sezione del Tribunale di Bari assolve l’intero gruppo dalle imputazioni a loro contestate, tra cui l’associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni e gli incendi agli esercizi commerciali e detenzione illegale di armi e stupefacenti.
Il 27 luglio 2007 il braccio destro di Domenico Conte, Vito Napoli, muore in un agguato: lui e Conte viaggiavano a bordo di due scooter e vengono inseguiti e raggiunti dai colpi dei sicari. In quel contesto, ancora una volta pare fosse “ù nègr” l’obiettivo dei killer. Conte viene condannato per violazione all’inosservanza della sorveglianza speciale, poi viene scarcerato e nuovamente arrestato, proprio dove essere sfuggito all’imboscata.
Il 16 ottobre 2008 viene condotto nuovamente in carcere dove sconterà una pena di circa 10 mesi per aggressione e oltraggio a pubblico ufficiale.
Torna libero all’inizio del 2009 pronto a riprendersi il “suo” territorio, ma il 20 giugno 2009 torna dietro le sbarre con le accuse di lesioni personali aggravate e violazione della sorveglianza con obbligo di soggiorno.
Il 12 marzo 2010 sfugge all’ennesimo agguato: era ancora lui l’obiettivo della sparatoria a Porta Robustina. Viene colpito da due proiettili, alla mano e al fianco, ma riesce a cavarsela.
È il 10 agosto 2010 la Polizia di Stato arresta nuovamente Conte per aver violato ripetutamente le prescrizioni della sorveglianza speciale a cui era sottoposto e per essere stato intercettato due volte fuori Bitonto, una volta a Terlizzi, nell’altro caso l’inseguimento si concluse a Giovinazzo.
Il 22 marzo 2014 ancora una volta viola il regime di sorveglianza e la Polizia presenta un’articolata informativa di reato, in cui vengono evidenziate le reiterate condotte illegali del pregiudicato, ritenuto elemento di vertice del gruppo Conte – Cassano.
Torna libero e sfugge all’ennesima imboscata del 17 agosto 2015 quando vengono esplosi numerosi colpi d’arma da fuoco al suo indirizzo, sempre per il predominio del controllo sul territorio.
Nel 2017 è tornato un uomo libero, in possesso di ogni tipo di documento di riconoscimento, passaporto e tessera elettorale.
In tutto ha scontato 12 anni di carcere un po’ in tutta Italia: “Palermo, Siracusa, Vibo Valentia, Trani, Melfi, Lucera, Turi per le rapine ai tir, Asti …”, dichiara lui stesso ai nostri taccuini in una intervista rilasciata a gennaio 2018.