Le
poesie.
Tra
cui “L’usignolo
della Chiesa cattolica”,
“Crocifissione”,
che si apre con alcuni versi della lettera di san Paolo ai Corinzi e
nella quale già fa capire la centralità della figura di Gesù
Cristo nella sua psicologia. “Ode
a Marylin”,
una biografia simbolista dell’attrice, che riscattato la sua
mercificazione con la morte e proiettata nell’Olimpo della bellezza.
Poi tutte quelle dedicate alla madre, con la quale ha avuto un
rapporto splendido e l’unica persona di sesso femminile che ha potuto
realmente amare.
Con
il padre, invece, c’è sempre stato un confronto assai difficile e
burrascoso.
I
film.
“Mamma
Roma”,
con la bravissima Anna Magnani, un caso Cucchi ante litteram dove
sviluppa il tema della morte prematura dei giovani. “Medea”,
con Maria Callas, “Il
Vangelo secondo Matteo”.
Le
citazioni. Le frasi più significative. Il pensiero “scandaloso”.
Ed
è proprio questo il titolo della serie di incontri che ieri l’altro
si è inaugurata alla fondazione De Palo-Ungaro, e voluta dalla
stessa fondazione, dalla Fidapa,
dal Simposio e dal Centro ricerche di storia e arte di Bitonto.
«Un
omaggio a un intellettuale scomodo che a 40 anni dalla morte(avvenuta
sul lungomare di Ostia nella notte tra il 1 e il 2 novembre 1975) –
sottolinea Nicola Pice – fa
ancora parlare di sè».
A
spiegare il pensiero, la psicologia, l’ideologia, la modernità e la
complessità dell’intellettuale friulano ci hanno pensato Franco
Terlizzi, con alcune letture, e Ferdinando D’Ascoli, al flauto
traverso.
Pasolini,
allora.
Che
comprese come
il potere per carpire il consenso ha bisogno di mostrarsi nei
meccanismi televisivi e perciò è davvero pericoloso perché diventa
pervasivo.
Che
si esprimeva con un tono di voce basso, suadente e musicale ma
scriveva con una logica asciutta, icastica e pungente con la quale
smascherava ogni tipo di mistificazione.
Secondo
cui non c’è differenza tra un giovane romano fascista e quello
sottoproletario delle borgate. Sempre critico verso il mondo che lo
circondava, colpevole di aver posseduto prima la bellezza ma poi di
aver corrotto le conoscenze degli individui mercificando tutti. E che
vede nella morte prematura dei giovani il suo dramma più grande.
Ecco, allora, perché Gesù Cristo, morto a 33 anni, per un convinto
non credente, è espressione più crudele dell’odio e della stupidità
dell’essere umano.
Gesù
– scriveva – «è
oscura luce, dimensione sacra che io ho sentito mia da quando avevo
16 anni». E
non sorprende neanche l’ispirazione cinematografica che ha avuto in
lui il dipinto di Andrea Mantegna il “Cristo giacente” o figure
come san Francesco d’Assisi.
“Stupida”
è anche la morte prematura che colpisce anche Guido Pasolini,
fratello di Pier Paolo, ucciso a 19 anni durante la resistenza dai
“suoi” compagni partigiani sloveni.
Pasolini,
inoltre, capisce molto presto che le democrazie erano intolleranti
verso il diverso. E lui, dichiarato omosessuale, si sentiva
“estraneo” in una Italia degli anni ’50 e ’60 che si credeva
bigotta.
Ma
è proprio grazie all’omosessualità (per lui amare altre donne
significava tradire la mamma), che incontra il mondo sottoproletario
e plebeo, quella realtà che è artefice del passaggio da una poesia
intimista a una civile.
Già,
la poesia pasoliniana, con i suoi due miracoli: antiretorica e
mirata, sensuale e decadente. È il poeta delle antinomie
irrisolvibili, del dissidio insanabile tra passione e ideologia, di
un mondo borghese che odia profondamente per i danni che ha
provocava, ma del quale non riusciva a farne a meno e dal quale non
poteva distaccarsi.
Eccolo
Pasolini, allora.
Colui che, in “La
nuova gioventù” –
scriveva:«Prenditi
tu questo peso, ragazzo che mi odii: portalo tu. Risplende nel cuore.
E io camminerò leggero, andando avanti, scegliendo per sempre la
vita, la gioventù».