A volte bastano poche parole per capire una persona. Soprattutto se poi questo qualcuno è stato un punto di riferimento per una comunità per tanti anni. Una guida spirituale e non solo. Sempre pronto ad aiutare tutti, tra chi ne aveva realmente bisogno e chi un po’ meno ma a cui non dispiaceva essere riempito di parole di conforto. E di saggezza. Di amore. Di speranza.
E, lui, ieri mattina, antivigilia del santo Natale, ha dato un chiaro messaggio a tutti: “Che il Signore possa riempire i nostri cuori. Eleviamo i nostri cuori alla parola, al messaggio e all’insegnamento di Dio. E che possiamo essere sempre pronti ad ascoltare la sua parola”.
Chiaro, semplice e intenso allo stesso tempo. Soprattutto se pronunciate davanti a quella che per anni è stata la sua casa. E, al tempo stesso, la sua missione e vocazione di vita. Più per gli altri, naturalmente.
Don Alberto Battaglia, allora. Giornata piena di ricordi per il 97enne ex parroco della chiesa di san Luca, tornato proprio lì, in pienissimo Centro storico, dove la vita sembra essere più difficile che altrove. Tutto grazie ad alcuni membri dell’associazione “Sei di Bitonto se..”(presidente Gaetana Ingrà): Filomena Del Vecchio, Donato Tarullo, Mina Fallacara, Claudia Coviello.
E, rimettendo i piedi in quei posti che non ha mai dimenticato e sempre presenti nel suo cuore, (“ci mancavo da oltre 30 anni”, ci dice con una voce ancora comprensibile, qualche problema di udito, una camminata ancora spedita mantenuto al suo bastone e una mente ancora lucidissima), ha trovato sicuramente qualche differenza (al posto dell’albero delle mimose ora c’è un rigoglioso e sempre attivo albero di limoni, una chiesa chiusa da oltre 20 anni e che perde pezzi e calcinacci), ma il pianoforte c’è ancora come allora, e anche tanto altro. E c’è pure un incantevole villaggio di Babbo Natale, preparato con dedizione e cura maniacale dalla già citata associazione. Come accade sempre negli ultimi anni, d’altronde.
La grandezza e la modestia di un uomo, però, sta anche nei gesti. “Ci ha continuamente detto grazie in macchina mentre lo riportavamo alla Casa di riposo villa Giovanni XXIII, hanno sottolineato gli attivisti visibilmente emozionati, contenti di aver realizzato un sogno che avevano da tempo.
E che, sicuramente, covava anche don Alberto.
Il problema è che siamo noi a dover ringraziarlo. Anche oggi a distanza di anni.
Perché non è stato soltanto un prete. È stato un prete “essenziale”, come lo ha definito il giornalisrta e collega Marino Pagano su un giornale locale nel 2011 quando ha spento le 90 candeline.
Perché questo messaggero venuto al mondo il 16 settembre 1921 e ordinato sacerdote il 7 maggio 1944 (guardate i casi della vita. Di cognome fa Battaglia, ed era in corso la battaglia delle battaglie del ‘900), è stato davvero essenziale.
Spinto da “un cuore in tensione per i destini dell’altro, dei più piccoli soprattutto, dei tanti fanciulli” (è sempre Pagano che scrive), è stato educatore, pedagogo, psicologo, aiutante, faro, guida, roccia per un numero smisurato di famiglie in quella parte di città che negli anni ’60 e ’70 faceva fatica semplicemente a pronunciare il termine “boom economico”, perché vedeva fame e sofferenza attorno a sé.
Chi non ricorda il pullmino con il quale in prima persona accompagnava i pargoli all’asilo e li riaccompagnava a casa? Le vesti stracciate per dare un po’ di calore a chi non poteva averlo? L’Eucarestia a tutti quelli che facevano fatica a riceverla? E i tanti aiuti fatti senza pretendere nulla in cambio?
Tutto in nome dell’amore di Dio. Che però, purtroppo, non riusciva a rendere serene le vite di tutti. E lui lo sapeva benissimo.
Buon Natale a te, dunque, caro don Alberto.