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Home » Giuseppe Verdi “rivive” nel chiostro dell’Istituto Sacro Cuore di Bitonto

Giuseppe Verdi “rivive” nel chiostro dell’Istituto Sacro Cuore di Bitonto

Tutta la grandezza del genio di Busseto in uno spettacolo affascinante

La Redazione by La Redazione
4 Settembre 2013
in Cultura e Spettacolo
Giuseppe Verdi “rivive” nel chiostro dell’Istituto Sacro Cuore di Bitonto
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Lo spettacolo
musicale denominato “ Viva Verdi, celebrazione nel bicentenario della
nascita
”, ha fatto rivivere in tutta la sua unicità il genio di Giuseppe
Verdi, nel chiostro del Sacro Cuore di Bitonto nella serata dello scorso
venerdì sera. Il concerto, organizzato dall’associazione La Macina, è stato
diretto dal giovane direttore d’orchestraFrancesco Masi. Ad
esibirsi sul palcoscenico, il soprano Angela Cuoccio ed il tenore
Gianni
Leccese, entrambi bitontini, il molfettese basso/baritono
Antonio Stragapede
, il soprano proveniente da Noicattaro Grazia
Berardi
ed il mezzosoprano Maria Candirri. Si sono esibiti anche il
“Coro lirico città di Bitonto”, coordinato da Giuseppe Maiorano,
il “Coro polifonico Luigi Capotorti” coordinato da Tonia De Gennaro e la “Masi International Campus Music” di Polignano. Trenta gli
orchestrali, cinquanta, i coristi. La serata è stata elegantemente presentata
da Barbara Mangini, che ha commentato dal punto di vista
storico-letterario ogni stralcio musicale, arricchendolo con aneddoti ascritti
alla vita privata di Giuseppe Verdi. L’Associazione “Amici della musica” di
Giovinazzo ha allestito sul porticato del chiostro, una mostra concernente una
serie di cimeli del periodo con raffigurazioni di abiti e locandine d’epoca.

Il piacevole
vento di fine estate, che ha aleggiato nel chiostro, si è reso complice
dell’iniziale sinfonia del Nabucco, apparsa al principio come un
delicatissimo sussurro, per poi accompagnare il melodioso coro di schiavi ebrei
nel “Va’ pensiero sull’ali dorate” che pare esplodere di speranza nei nostri
cuori. Pertanto, già dall’incipit emerge la maestria del direttore Francesco
Masi
che ha saputo dirigere in modo impeccabile i musicisti ed i coristi,
cercando, a differenza di certa tendenza modaiola, di interpretare al meglio il
pensiero e gli intenti di Giuseppe Verdi. Masi, che ha avuto come maestri di
composizione e direzione d’orchestra Francesco D’Orazio, Silvio Di Rocco,
Andrea Marena e Rino Marrone, dopo essersi laureato in Discipline dello
Spettacolo a Bologna, ha diretto nel 2001 l’Orchestra sinfonica siciliana con
sede a Palermo che lo ha portato a prediligere, grazie anche all’incontro con
Nicola Samale, il repertorio verdiano e pucciniano del quale padroneggia, con
tecnica e sensibilità, le linee melodiche e i velati contrappunti. Dalla
leggiadria del celebre “Va’ pensiero” si precipita in quella che è stata
definita dalla presentatrice, un’opera a tinte fosche, “Il trovatore”,
la seconda della cosiddetta trilogia popolare (Rigoletto, Trovatore, Traviata).
In quest’opera, la trama complicatissima, si veste di densi e forti contrasti
drammatici, ma soprattutto, e questa la novità dell’opera all’epoca, Verdi sa
fondere qualità democratiche e quelle aristocratiche in un tripudio di accordi
melodici. Il soprano Grazia Berardi, nel suo abito da sera rosso fuoco,
e in tutta la sua eleganza, fa il suo outing, palesando una voce calda, sicura
e ben impostata.

Un particolare
scrosciare di applausi è seguito al termine della prima esibizione da solista
nel Rigoletto del basso/baritono Antonio Stragapede, dopo aver
cantato la famosa “Cortigiani, vil razza dannata” e a conclusione dello spazio
dedicato al Rigoletto con la straziante “Della vendetta alfin giunge
l’istante”. Antonio Stragapede riesce perfettamente ad interpretare il ruolo di
Rigoletto trasmettendo al pubblico lo stato d’animo di un padre che farebbe di
tutto pur di sottrarre la propria figlia ad una qualsiasi sciagura, in questo
caso al turbinio inarrestabile della maledizione, che pur si compie,
inesorabile. Il secondo atto si apre nuovamente con le note di “si ridesti in
ciel l’aurora” del coro della Traviata, la bellissima opera che conclude
la trilogia popolare verdiana che si ispira al celebre dramma di Alessandro
Dumas figlio, “La signora della camelie”. L’affascinante donna dalla salute
minata dalla tisi, che ha ispirato anche diversi registi teatrali e
cinematografici, è un personaggio realmente esistito, poiché c’è qualcuno che
ancora oggi depone dei fiori sulla tomba di una certa Marguerite Gautier a
Parigi. “ La traviata” è, sicuramente l’opera in cui tutte le figure femminili
protagoniste verdiane confluiscono in una sintesi psicologica di sentimenti
differenti quali amore, tenerezza, coraggio, orgoglio, dolore e rassegnazione,
superando i contrasti passionali che le caratterizzavano in precedenza. Qui gli
outing da solisti spettano al soprano Angela Cuoccio che, in uno
splendido abito da sera color bronzo-oro, canta, con naturale sicurezza, la
celebre “ E’ strano…ah, fors’è lui… sempre libera” ed al tenore Gianni
Leccese
che,  combattuto tra “croce e
delizia”, le fa da controcanto. Particolarmente apprezzata l’esibizione dei due
bitontini che ha strappato al pubblico lunghi e calorosi applausi.

Dopo la perfetta
esibizione del coro in “ Le zingarelle”, è la volta del  giovane mezzosoprano Maria Candirri  che, dal “Don Carlo” esegue “la
canzone del velo” con una voce vibrante, melodiosa e calda. Siamo quasi alla
fine del secondo tempo dello spettacolo: il soprano Grazia Berardi e Gianni
Leccese, dall’Otello, intonano “Già nella notte densa”, in un momento
dell’opera in cui il vile Jago non ha ancora minato la fede nuziale tra il Moro
e Desdemona. Qui il tenore Gianni Leccese rivela grandi doti interpretative.
L’Otello, penultima opera verdiana, prima della conclusiva Falstaff,  segna un momento rivoluzionario ed allo
stesso tempo di sintesi tra passato presente e futuro nell’attività artistica
del grande compositore, accogliendo l’influenza wagneriana. Da questo momento
Verdi conferirà al recitativo una importanza drammatica senza precedenti,
facendolo fondere con le arie e con tutta l’orchestrazione musicale. Nel
finale, infatti, riemerge, evidentissima, la bravura del direttore d’orchestra
Masi che pare mettere in pratica questa sintesi, che un tempo a molti doveva
sembrare improbabile, tra Verdi e Wagner. Lo spettacolo si conclude col  ridente brindisi della Traviata.

Numerosissimi gli
applausi della folta platea. Auguriamo dunque a tutti gli esecutori di questo
magnifico spettacolo, ed in particolare alle giovani promesse, di poter calcare
presto le scene dei più importanti teatri nazionali ed internazionali.

Tags: bitontoculturaestateeventifestivalgianni lecceseoperaVerdi
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