Scorrono i titoli di coda nella vicenda della ex Om Carrelli. Dopo il finale di ieri, per nulla lieto, gli operai che da 7 anni aspettavano la reindustrializzazione del sito e il ricollocamento al lavoro hanno visto svanire le proprie speranze. Per 175 persone (per fortuna nelle ultime settimane il loro numero è sceso, in quanto dei 184 che erano, qualcuno è riuscito a sottrarsi al triste epilogo, anche se con lavori a tempo) si apre la strada verso il licenziamento collettivo.
C’era tempo fino al 15 aprile per presentare offerte utili a rilevare l’ex stabilimento di Modugno e reindustrializzarlo. Domenica, infatti, scadeva la proroga di dieci giorni concessa dal curatore fallimentare della Tua Industries, Alessandra Giovetti. Oltre tale termine, sarebbe scattata, come effettivamente succederà, la procedura di licenziamento collettivo. La presentazione di una manifestazione di interesse e un’offerta avrebbero bloccato l’avvio della procedura e avrebbero concesso la possibilità, per gli operai, di ottenere la cassa integrazione in deroga. Ma nulla di tutto questo è successo. Ci sono state diverse aziende che si sono fatte avanti, ma erano interessate solo al capannone, o a parte di esso, non al progetto nella sua interezza, comprensivo del prototipo dell’auto elettrica L7 e dei lavoratori, che non hanno ancora ricevuto neanche le ultime mensilità di cassa integrazione del 2017. C’erano stati i veneti della Askoll, interessati ad avviare una divisione per produrre scooter e bici elettriche. C’erano state altre aziende, di cui dalla Regione non fu fatto nome. Ci sarebbero la canadese T&D products, specializzata in apparecchiature di media e alta tensione, l’anconetana “01 Machinery” attiva nella vendita di attrezzature e macchinari usati, la Corimac di Macerata, gruppo che si occupa di acquisizione e gestione di asset industriali internazionali. Ci sarebbe persino un investitore dall’Albania. Ma tutti hanno mostrato solo interesse per il capannone di via delle Ortensie 33. Ma di concreto, non c’è stato nulla. Solo mail, telefonate. Nessuno ha messo sul tavolo di concertazione soldi (250mila euro erano necessari).
A nulla sono valse le manifestazioni che, fino a ieri, i lavoratori hanno fatto davanti alla sede della Regione Puglia, per ricordare alla politica e alle istituzioni di mantenere quelle promesse fatte in più occasioni.
Dalla Regione giungono rassicurazioni sulla presenza di aziende ancora interessate. Rassicurazioni a cui ormai gli operai non credono più. Oltre a mutui, bollette, tasse e spese quotidiane a cui in questi mesi hanno dovuto far fronte nonostante non percepissero nulla, si aggiunge la sciagura del licenziamento.
«Continuano a dirci chiacchiere. Tutte le aziende che si sono affacciate volevano solo lo stabilimento e non gli operai. Tagliandoci fuori con i licenziamenti collettivi, dunque, contatteranno poi il Comune di Modugno per avere il possesso dello stabile» ci dice uno di loro, non nascondendo la propria preoccupazione per il fatto che, rimanendo disoccupati e non avendo neanche alle spalle 45 giorni lavorativi, non hanno neanche diritto a fare domanda per ottenere indennità di disoccupazione: «Ci hanno buttati per strada, senza nulla, senza garanzie e senza chiederci scusa per aver fallito. Per poi andare avanti per fatti loro per il capannone. Hanno sfruttato la vicenda Om a loro vantaggio. La politica ci ha giocato su, alle spalle di noi lavoratori che siamo gli unici a perdere».
La speranza ora è rappresentata dai lunghi tempi previsti dalla procedura di licenziamento collettivo, come ha comunicato il curatore fallimentare alla Gazzetta del Mezzogiorno, sottolineando che se nel frattempo dovesse giungere un’offerta, l’istanza presentata al giudice potrebbe essere ritirata senza problemi: «Non mando al macero 175 lavoratori. Se arrivasse una bellissima offerta, sono la prima ad andare dal giudice per chiedergli di sospendere le procedure di chiusura. Tutto può succedere. Non c’è ancora il fischio finale».