L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, che ha imposto la quarantena al fine di limitare e contenere il contagio da Coronavirus, porta con sé svariate problematiche che non possono esser sottovalutate. Una fra queste risulta essere la violenza domestica sulle donne. Secondo gli ultimi dati a livello nazionale, nella prima settimana di quarantena le denunce sarebbero calate del 50%, un dato che potrebbe sembrare estremante positivo se solo non si contestualizzasse il momento storico che stiamo vivendo.
Le restrizioni imposte e le uscite controllate per molte donne risultano essere un vero e proprio incubo in quanto la quarantena costringe a restare l’intera giornata insieme al proprio aguzzino. Da ciò emerge che le vittime sono impossibilitate a cercare una qualsiasi forma di aiuto, che sia mediante l’utilizzo del telefono o uscendo di casa liberamente per commissioni.
“La posizione in cui si trovano le vittime è ancora più delicata in questo momento di restrizioni – afferma il presidente dell’Ordine degli psicologi della Puglia, Vincenzo Gesualdo. Si trovano bloccate in casa con il loro carnefice, costrette a dover soccombere e a fingere a sé stesse e al mondo, occultando la realtà. La violenza, qualunque essa sia, non deve essere accettata e soprattutto intesa come normalità, nonostante le restrizioni dovute all’emergenza sanitaria”.
Conflittualità, maltrattamenti e manipolazione da parte del partner sono fra le maggiori cause che portano, in un momento di isolamento imposto dall’emergenza, le vittime a scoraggiarsi dal chiedere aiuto. “Mai come adesso le mura domestiche diventano una vera e propria gabbia – continua Gesualdo – nella quale il muro del silenzio deve essere abbattuto. Sfruttare il giusto momento nell’arco della giornata, magari mentre il partner esce per fare la spesa, per chiedere aiuto attraverso il numero nazionale antiviolenza (1522) è il solo modo per contrastare il fenomeno della violenza, di qualunque natura essa sia”.
Altro strumento efficace per denunciare è l’app “1522”, scaricabile da ogni smartphone e che consente di collegarsi con le operatrici antiviolenza e di azionare in maniera immediata i dispositivi di emergenza senza che il carnefice senta che si sta chiedendo aiuto.
“L’emergenza da Coronavirus non ferma gli uomini che abusano e che fanno violenza ma non deve neanche fermare tutte quelle donne che sono vittime” conclude Gesualdo.