“A
Bitonto si deve riscoprire la piazza e il noi”.
La
frase a effetto arriva a piè di intervento.
Giuseppe
Gatti, 47 anni, attuale sostituto procuratore della Direzione
distrettuale antimafia di Bari, e per anni a Foggia e Urbino, è
l’ospite più importante del convegno “La
lotta antiracket in Puglia”
organizzato dall’associazione Symposium. La tavola rotonda, moderata
da Marino Pagano, era bandita anche da Michele Marannino, docente di
diritto; don Vito Piccinonna, rettore della basilica Santi Medici;
Angela Castellano, presidente dell’Antiracket cittadina.
Inevitabile,
però, che l’argomento principe sia stato la legalità. A 360 gradi.Un concetto che indica tutto e niente. Oggi è una parola abusata, e
non sempre in buona fede. Non è soltanto rispettare delle regole,
dei principi, dei copioni. Perché altrimenti anche la mafia sarebbe
tale. Come la ‘ndrangheta e la camorra. Persino il caporalato.
Non
può essere quella dell’io. “La
vera legalità – scandisce
– è quella del
noi, della responsabilità, della capacità di scegliere e di
decidere. Non può e deve prescindere dalla prossimità, accoglienza
e amore”.
“La
Costituzione – prosegue
– è il più bel
testo dell’Antimafia italiana che sia stato scritto. Pensate
all’articolo 2 (“La
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo,
sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità…),che
don Luigi Ciotti definisce un vero e proprio manifesto di legalità”.
La
legalità del noi, dunque, può essere un baluardo nella lotta contro
la mafia. Non quella che ci hanno fatto conoscere Salvatore Riina e i
Corleonesi, facendo saltare in aria giornalisti, politici e
magistrati, (“sventurata
la terra che ha bisogno di eroi”, scriveva
Bertold Brecht nella “Vita di Galileo”), ma quella nuova, che
mette le mani anche sulla green economy, sui rifiuti e sul gioco
d’azzardo.Perché la sua vera forza non sta più nella componente militare, ma
nella sua capacità di infiltrazione, e nel silenzio di chi dovrebbe
combatterla.
“Prima
di essere un problema criminale – analizza
Gatti – la
mafia è una questione culturale. Non è solo mettere i boss in
carcere, ma mettere al centro la vita delle piazze e riconquistarle.
Come deve fare anche Bitonto”.
Anche
la scuola, certo, può e deve fare tanto. E Marannino ne è convinto,
“e
tutto sta nel come si considera l’altro. Tutto deve essere basato sul
principio di uguaglianza”.
Sembra
di risentire le parole dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, che inaugurando l’anno scolastico 2012-2013, affermava
che “nella
vita scolastica la legalità vuol dire rispetto delle regole, dei
compagni, specie di quelli più deboli e, soprattutto, rispetto per
gli insegnanti”.