Attraversava spesso con passo scazonte (già, proprio come un verso ferito della lirica greca) l’assolata ed interminabile via Traetta, perché penso che in fondo vi dimorasse.
Era sempre sorridente, Michele Ancona, cosicché non capivi se avesse mai un tormento che gli segnasse l’anima.
Stringeva nel pugno ognora una busta piena zeppa di non so che, forse erano sogni.
Aveva un baffo leggero che lo rendeva ancor più simpatico.
Di lui sapevo che era un dipendente del tribunale ormai a riposo.
Ma mi colpiva una caratteristica.
Amava inventare versi all’impronta per donarli ai passanti come se desiderasse che, piccoli canti essendo, si confondessero col soffio del vento, magari abbracciandosi, chissà.
Michele giocava con l’apostrofo come un bimbo dal cuore puro alla giostra della vita, s’offriva e – forse, nessuno può saperlo se non chi lo ha amato – soffriva.
Da qualche tempo, non lo incontravo più.
Addebitavo ciò al fatto che i miei impegni scolastici spesso mi portassero lontano da queste mura antiche.
Solo ieri, colpevolmente ho scoperto che ne era il trigesimo.
E, allora, mi sono chiesto perché nessuno lo avesse ricordato.
Eppure, era uno che donava gratuitamente agli altri (e molti di essi per lui potevano essere perfetti sconosciuti) la voce della sua anima.
Possibile che qui, a Bitonto, dove quasi tutti ti sono di gran lunga superiori, quasi tutti sanno fare il tuo mestiere meglio di te, quasi tutti sanno essere giudici inflessibili da tastiera di pc (anatema su di te, se sbagli il nome di una strada o di un quartiere, e magari tutto intorno il resto crolla) ed eroi infallibili da social, quasi tutti hanno il ciglio madido per tragedie lontane (giusto, per carità, però…), insomma, possibile che qui, in questa città, nessuno avesse ricordato Michele Ancona?
E allora lo facciamo noi, pubblicando qui tre sue liriche che sulle pagine del Da Bitonto furono ammirate dal “poeta fanciullo” Peppino Moretti, il prof che ricorderanno il primo ottobre prossimo alcuni amici messi insieme dal di lui devoto allievo Damiano Bove.
Leggiamo insieme, dunque, questo breve canzoniere di Michele Ancona.
Noi vogliamo ricordarlo così, con gratitudine.
Il buio rotto dall’indissoluto
“Vana ricerca dell’io/mai trovato, persosi/dentro il ventre del sole/del suo produttore/svanì nell’innominato“.
E’ caduto il silenzio
“Alito, gemiti, sospiri/di bozze di immagini/umane svanite/tre anelli uniti,/ma disuniti, pur/si toccano, si sfiorano/ma il silenzio fatto/di voci umane spente/il parlare di un non/udito vociferare/che era successo/tutto intorno/era buio completo/caddero le parole/mai dette…/ma si dissero come?“.
Se il tuo mondo fosse il cielo
“Io non so cosa vorresti essere/tu non sai cosa vorresti essere/mai una luna appollaiata/sbiancata da tante notti secolari…/Pallida/ami riposarti dietro il sole…/Solo/appesa ad un filo di nuvole/che potrebbe spezzarsi/forse cercavi l’amore“.