Si
arricchisce di un ulteriore tassello la vicenda che, da due giorni a questa
parte, sta investendo l’ex senatore della Repubblica, Giovanni Procacci, in merito ad una presunta parentopoli all’Università
degli Studi di Bari, col nome dell’esponente del Partito Democratico che
emergerebbe da una intercettazione che vede coinvolto un docente accademico, il
prof. Loiudice, circa un dottorato di ricerca nel quale era impegnato il figlio
dello stesso Procacci, Pasquale.
Ieri
vi abbiamo raccontato di come la vicenda, che vede ad ora Procacci e suo figlio
non indagati, abbia assunto confini che vanno oltre la mera inchiesta
giudiziaria: infatti, ha suscitato clamore l’attacco di Guglielmo Minervini, candidato alle primarie del centrosinistra per
la presidenza della Regione Puglia, a Procacci, noto sostenitore di Michele Emiliano, altro candidato a
successore di Nichi Vendola.
Minervini
chiedeva a Procacci di dimettersi dal suo incarico di coordinatore
regionale della segreteria del Partito Democratico. In giornata, ieri, proprio
lo stesso ex senatore, alla luce del gran polverone che si sta creando attorno
alla sua figura, ha deciso di sospendersi
momentaneamente dal suo incarico al fianco di Emiliano nella segreteria
regionale del PD. E lo ha annunciato con un comunicato rilanciato anche
sulla sua pagina Facebook. Un documento dove, però, lo stesso Procacci non
lesina frecciate a Minervini, inasprendo così inevitabilmente il clima in vista
delle primarie del prossimo 30 novembre.
«Era per me
impensabile che un amico con cui ho condiviso tante cose potesse
strumentalizzare una vicenda del 2009 che non mi vede minimamente coinvolto né
sul piano giudiziario né su altri piani attinenti le questioni dell’Università.
Non ricopro ruoli istituzionali e il mio unico impegno, di mero volontariato, è
quello di coordinare la segreteria regionale.
Tuttavia non
posso neanche consentire che si strumentalizzi la mia persona per colpire
obiettivi politici in vista delle primarie. Pertanto ho già comunicato al
segretario che mi autosospendo dal ruolo di coordinatore regionale rimettendo
la questione alla direzione regionale dopo le primarie.
Guglielmo
Minervini dovrà trovare altri argomenti per proseguire la sua campagna
elettorale.
Il tentativo di sciacallaggio
di Minervini nei miei confronti ha un riscontro oggettivo: come mai Gugliemo
non chiede le dimissioni di suoi colleghi di giunta che sono indagati e che –
sinceramente spero di no! – potranno essere rinviati a giudizio? Le chiede a
me, che non sono nemmeno indagato, solo perché ho la colpa di sostenere
Emiliano: una ferocia d’animo che non distingue più il piano della politica da
quello dell’odio e del rancore personale.
Avrebbe agito
così Minervini se non ci fossero state le primarie e io non avessi sostenuto
Emiliano? Sono certo di no! Né si è preoccupato di acclarare la verità!
Semplicemente non ha resistito alla ghiotta occasione di poter colpire
attraverso di me il suo avversario, incurante delle ferite morali e
psicologiche che avrebbe inferto a me ed alla mia famiglia».