Il confronto fra le due “carte” più antiche, la stampa dell’Azzaro (1583)
e la veduta del Pacichelli (1703), evidenzia una sostanziale continuità della struttura muraria
urbica nel tempo: in entrambe, infatti, l’ingresso principale della città è Porta Baresana;
spiccano nella loro imponenza i torrioni (angioini) cui si intervallano torri più basse e tozze
forse d’età normanna; le mura ‘seghettate’, ancor oggi visibili, corrono da piazza Castello in
giù sino alla porta del Carmine. Il perimetro urbico delineato da Azzaro è piuttosto ampio e
quadrangolare mentre quello del Pacichelli risulta molto difficile da calcolare, perché
presenta solo il fronte, cioè il lato corto della cerchia muraria. In quest’ultima stampa però si colgono alcune significative differenze con quella dell’ Azzaro: la Porta Baresana presenta
due colonne rotonde e la cinta muraria ha un andamento piuttosto strano in quanto, a destra
di chi guarda, è costituita da una serie di bassi torrioni cilindrici, mentre, a sinistra,
oltrepassato il torrione angioino tuttora esistente, da un lungo bastione che declina verso un
torrione anch’esso cilindrico alto e snello, di cui non c’è più traccia. Il bastione,
caratterizzato da un dente orizzontale aggettante, è, forse, lo stesso che si può ancor oggi
ammirare sulla parete esterna del Teatro Comunale “Tommaso Traetta”, prospiciente la
chiesetta di san Matteo. Nella stampa del Pacichelli, inoltre, fra la Porta Baresana e il
Torrione Angioino è visibile il Loggiato Sylos, dietro cui si scorge un palazzo, e davanti al
quale si oppone la chiesa di san Gaetano o palazzo Albuquerque. Alle spalle della Porta
Baresana, a destra, svetta la Torre dell’Orologio, di cui è evidente il quadrante. Colpisce,
inoltre, la vista prospettica della Cattedrale, sormontata dal campanile completo di cuspide,
che domina tutto l’ agglomerato urbano. Alle estremità del perimetro murario si
riconoscono due altri campanili: forse, uno della chiesa di san Pietro su via Saponieri, a
destra, e l’altro della chiesa di san Francesco alla Scarpa, a sinistra di chi guarda; infine,
sempre a destra, si staglia, nella zona dell’attuale chiesa dell’Annunziata, molto simile a
quello Angioino di piazza Cavour, un torrione cilindrico, poi abbattuto nel 1890, e si
evidenzia, al centro, come motivo decorativo della stampa, un alto albero, che sembra essere
una palma. Sempre nella pianta del Pacichelli è evidente anche il torrione che fu inglobato
nella costruzione del Teatro Comunale8 ma è difficile capire la funzione della costruzione
antistante le mura, ai piedi del Torrione Angioino, costituita da una gigantesca vasca
circolare nella quale si individuano due “piramidi”, che nella stampa dell’Azzaro è sostituita
da un piccolo torrione: data la posizione, dovremmo aspettarci una pescara, di cui si ha
notizia nel cosiddetto manico della Frissola. Da notare, inoltre, che, fra le tante stampe di
città del Regno di Napoli presenti nel volume del Pacichelli, quella dedicata a Bitonto è
forse l’unica a non avere alla base una legenda illustrativa dei monumenti in essa riprodotti
né lo stemma comunale in alto a destra (presente, invece, in quella successiva dell’Orlandi);
il contado tutt’intorno alla città, nel quale si trovavano monasteri e conventi cui pur accenna
l’autore stesso, è notevolmente circoscritto e manca il vallone, che circondava la città. La
veduta di Bitonto contenuta in Delle città d’Italia dell’Orlandi (fig. 3) è pressoché identica a quella del Pacichelli ma con qualche leggera differenza: la Porta Baresana inquadra due
usci di casa in maniera esattamente opposta a quella del Pacichelli (quasi fosse un negativo
di lastra fotografica di un tempo); l’albero che svetta nel centro dell’agglomerato urbano ha
la chioma più pettinata; il torrione terminale a sinistra delle mura presenta due finestre e non
tre; non compare un comignolo su una casa a sinistra della cerchia urbana; le figure umane
in primo piano sono più assortite. È da credere che siamo in presenza di una riutilizzazione
“personalizzata” della stampa del Pacichelli, a distanza di circa settant’anni. C’è da
chiedersi la ragione per cui manchino così importanti informazioni, utili per una migliore
fruibilità della stampa, proprio nella riproduzione di una città, che l’Autore dell’opera
conosce bene per averla visitata di persona. Insomma, i particolari suddetti sono stati omessi
per distrazione dell’editore o per precisa volontà dell’autore? Detto ciò, la stampa in
questione, confrontata con il testo del Pacichelli sopra riportato, crediamo trasmetta al
lettore alcune informazioni molto chiare nella sua semplicità iconografica.
1) L’affollamento delle case, che si accavallano le une sulle altre e si innalzano per due – tre
piani, sembra marcare una popolosità abitativa sempre attestata da tutti i documenti in
nostro possesso9
; del resto, non può essere altrimenti se si confronta questa veduta con le
altre di Città del Regno di Napoli contenute nello stesso volume nelle quali non c’è
affollamento né di case né di palazzi.
2) L’ingresso principale della città è sempre rappresentato da Porta Baresana, che guarda al
mare, al porto di Santo Spirito (il cui ruolo è tutto da riscoprire nei traffici dell’epoca) più
che a Bari, a ribadire un forte interesse commerciale della popolazione. 3) La Cattedrale, nella stampa in questione, occupa una posizione centrale e preminente, che
urbanisticamente all’epoca non aveva, forse per esprimere il ruolo dominante della religione
e dei suoi esponenti nella città. 4) La presenza di mura, sul finire del Seicento ed all’inizio del Settecento, è da interpretarsi
più come una testimonianza del passato, cui è affidata una funzione architettonica
puramente decorativa, come sembra suggerire l’assenza dei battenti nella Porta Baresana e
di un fossato difensivo tutt’intorno. Queste caratteristiche non si riscontrano nelle altre due
immagini di Bitonto, sempre datate al ‘700. Il dipinto ad olio di Giovanni Luigi Rocco dedicato alla Battaglia di Bitonto del 1734 (1750) presenta una città assediata, secondo l’
iconografia tipica del Neoclassicismo, che si può identificare con Bitonto solo perché
svettano un torrione ed una chiesa con campanile ma non ha nessuna caratteristica reale
della Bitonto settecentesca: semmai ricorda altri dipinti del genere “battaglista”, piuttosto
diffusi nella seconda metà del Settecento, come L’assedio di Costantinopoli (fig. 6). La
cosiddetta carta Rullan (fig. 4) evidenzia, invece, un contrasto netto fra gli edifici insistenti
nel contado e quelli presenti nella cerchia urbica: i primi sono molto realistici come la
chiesa di san Francesco di Paola ed il convento dei Cappuccini, le cui facciate non hanno
subito trasformazione alcuna in tre secoli tant’è che sono identiche a quelle odierne. Tratti
elementari e grossolani, invece, disegnano gli edifici interni alla città fra i quali le chiese si
distinguono dalle case private solo perché sormontate da un campanile. Sembra che al
manierismo stereotipato della burocrazia comunale, di cui Rullan era un prestigioso
esponente, si opponga un realismo calligrafico usato per individuare la monumentalità
rurale.
In conclusione, la forma urbis di Bitonto, dal 1583 (pianta dell’Azzaro) per duecento
anni circa (stampa dell’Orlandi del 1780) non subisce variazioni sostanziali pur saturando il
perimetro (o la circonferenza?) urbano con tantissimi edifici, molti dei quali sono
ecclesiastici. Ci sembra che tali immagini pubbliche vogliano ribadire quella vocazione più
che commerciale … religiosa, tuttora coltivata dalla Città.