E’ morto Pasquale Tempesta. Giornalista professionista, era nato a Bitonto nel 1930. Laureato in giurisprudenza, ha percorso la sua carriera di giornalista nella Gazzetta del Mezzogiorno di cui è stato capo della redazione Esteri. E’ stato per decenni il rappresentante della Puglia nell’Ordine nazionale dei giornalisti. Consigliere nazionale, dal 1977 al 2004, è stato componente della Commissione Culturale, come segretario e vicepresidente e commissario governativo per l’istituzione dell’Ordine dei Giornalisti della Basilicata.
“Con Pasquale Tempesta va via un veterano e un gentiluomo del giornalismo pugliese – ricorda il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia, Piero Ricci – per anni ha rappresentato nel massimo consesso dell’Ordine dei giornalisti, i giornalisti pugliesi rivestendo la carica di consigliere nazionale. Un giornalista dai modi gentili e che aveva fatto della sobrietà e dell’equilibrio, la cifra stilistica della sua professione nella redazione della Gazzetta del Mezzogiorno. Non ha mai fatto mancare la sua vicinanza e la sua presenza nell’attività ordinistica, conservando l’importanza del rapporto umano anche nei confronti delle nuove generazioni di cronisti”.
Sentir parlare Pasquale Tempesta, con quella “littera canina” un poco arrotata e certo aristocratica, era come salire sulla macchina del tempo. Per almeno un paio di inebrianti motivi. Il primo: perché era sempre sospeso il reclinar della clessidra nel suo salotto nell’abitazione barese, quando amabilmente dialogava di tutto, con sapienza e signorilità. Il secondo, perché era stato protagonista del giornalismo eroico, a partire dalla penna e dal calamaio fino al computer, passando per quell’autentico miracolo che fu la biro. Le sue parole: “Prima, il giornale era una grande famiglia. Ci lavorava davvero tanta gente. Pensate all’iter che doveva fare un articolo: lo si scriveva sul carrello della macchina per scrivere, poi il caposervizio leggeva il pezzo e, se dava l’ok, andava in tipografia,ove con i caratteri mobili lo si montava, diventava bozza da sottoporre ai correttori e solo dopo ritornava in stampa”.
Da decenni in Gazzetta, essendo stato a lungo agli Esteri, era fiero del titolo “Buongiorno Luna”, che coniò il dì in cui l’uomo mise piede sul malinconico satellite che vive di luce riflessa.
E poi “La prima vera giornata d’inverno”, l’incipit ormai divenuto famoso nell’ambiente del primo articolo (ovviamente sportivo, trattandosi di una cronaca di una partita della seconda squadra barese, il Liberty), gioco astuto di aggettivi e sostantivi che richiama la callida “iunctura oraziana”.
Infine, tutto il lessico proprio e curioso del giornalistese, quasi archeologico: fuori sacco, ghiacciaia, grancassa, farfalla, cucire, pascolare…
Grazie alla professoressa Maria Antonietta Elia, sua cugina – che già aveva curato una silloge di scritti del di lui padre Giuseppe, sommo educatore -, aveva raccolto alcuni suoi pezzi memorabili in “Fascino dei tempi, magia dei luoghi’ edito da Mario Adda Editore. Tutto il mestiere di cronista autentico fra celebri incontri, suadenti narrazioni e nostalgiche memorie. Pasquale, pur posto in quiescenza, non si era mai fermato e con dolce tenacia portava avanti sull’amato quotidiano una sua personale rubrica, nella quale dava spazio a quella galassia di sogni e speranze che sono le pubblicazioni locali. Senza alcuna spocchia o preclusioni di sorta. Grande e umile, Pasquale sapeva descrivere il mondo con incrollabile onestà intellettuale e suprema, perspicua pacatezza, scevro da basse tentazioni di facili teoremi. Un esempio sempre più lontano dai virgulti insuperabili dell’informazione che vortica oggi sui new media, sulle cui volatili pagine basta aver scritto una riga per sentirsi indromontanelli…