Lo stabilimento Siciliani Carni di Palo del Colle è Covid free. Il dipartimento di Prevenzione della ASL ha concluso le procedure di sorveglianza epidemiologica, al termine delle quali i tamponi eseguiti in più fasi sui 545 dipendenti della azienda di macellazione sono risultati tutti negativi. Il protocollo anti contagio senza precedenti – messo a punto dai servizi della Prevenzione – Spesal, Sisp e Siav B – ha funzionato contribuendo a circoscrivere ed estinguere il focolaio, insorto per la prima volta con 3 casi accertati nel reparto di macellazione della azienda lo scorso 15 aprile.
“Tecnici e operatori della ASL sono stati al lavoro per due mesi, collaborando a stretto contatto con l’azienda che ha seguito rigorosamente le disposizioni restrittive, per sottoporre a controlli tutti i dipendenti – spiega il direttore del Dipartimento di Prevenzione, Domenico Lagravinese – Siciliani Carni è diventato un caso scuola, tanto che è oggetto oggi di interesse scientifico da parte dell’Istituto superiore di Sanità, impegnato a breve in una campagna nazionale di verifica sul campo in tutte le aziende di macellazione italiane”.
In totale nello stabilimento di Palo del Colle sono stati eseguiti 1090 tamponi e 367 test sierologici sui 545 dipendenti dello stabilimento che – a fasi alterne – sono stati monitorati da medici di base e dalle unità speciali di continuità assistenziale (USCA) del territorio. Sono state complessivamente 98 le persone positive e 29 i cluster famigliari individuati.
La campagna di indagine ha seguito uno schema a cerchi concentrici: dal primo cluster rilevato – corrispondente all’area macellazione – fino a coinvolgere tutti gli altri settori. In questa maniera è stato possibile mappare e controllare con precisione la diffusione del virus.
La ASL ha stilato un piano di misure preventive che non ha precedenti, data le peculiarità e le dimensioni dell’azienda. Le misure – in linea con quanto previsto nel Protocollo nazionale sulle indicazioni normative e procedurali della emergenza sanitaria – riguardano: controllo della temperatura corporea ai dipendenti, igiene obbligatoria delle mani, sanificazione degli ambienti, obbligo di utilizzo di mascherine e dispositivi di protezione individuale, informazione e sistemi di vigilanza sul rispetto delle norme da parte dei datori di lavoro e allontanamento di quanti dovessero manifestare sintomi simil- influenzali o comunque sospetti da infezione SARS COV-2. Le verifiche effettuate hanno inoltre consentito di ipotizzare alcune suggestive modalità di diffusione del virus all’interno degli stabilimenti di lavorazione carni, peculiari di questa tipologia di lavorazione.
Data la situazione epidemiologica positiva, i dipendenti possono rientrare al lavoro, previa valutazione di idoneità dei medici competenti e spetta alla azienda l’impiego del personale in base alle proprie esigenze organizzative.
L’esperienza dello stabilimento Siciliani – al momento unico impianto di macellazione in Italia che sembra essere stato interessato dai contagi – e l’insorgenza di casi analoghi in altre zone del mondo, come Germania, Stati Uniti, Canada e Irlanda, ha suscitato l’interesse da parte dell’Istituto Superiore di Sanità che sta indagando sui fattori ambientali, strutturali, gestionali, logistici, socio economici e sanitari, che possono favorire e prevenire l’infezione negli impianti industriali di macellazione e lavorazione delle carni.
Intanto la ASL ha già avviato una indagine interna finalizzata ad approfondire la presenza del virus Covid 19 nelle aziende locali attive in questo settore. “Ci siamo attivati per mappare gli 11 macelli della provincia di Bari – conferma il dottor Giorgio Di Leone, direttore Spesal area nord della ASL. E’ in corso un piano mirato del Dipartimento di Prevenzione, con il coinvolgimento di tutti i servizi interessati, che prevede controlli sul campo per il rispetto delle misure anti Covid nei luoghi di lavoro e l’effettuazione di test sierologici e tamponi in contemporanea su base volontaria. Siamo interessati anche – prosegue Di Leone – ad avviare una indagine genomica che ha come obiettivo quello di accertare se il virus presente nella azienda sia lo stesso che si è sviluppato nei cluster famigliari”.