Continua il nostro viaggio in compagnia dei “Bitontini d’Eccellenza”, vale a dire alcuni dei calciatori nostri concittadini che si sono messi in bella mostra nel massimo campionato dilettantistico regionale, da poco conclusosi. Oggi è il turno del pilastro neroverde Nicola De Santis, centrocampista con un curriculum lunghissimo nel calcio professionistico e da tre stagioni punto fermo dell’U.S. Bitonto, quest’anno allenata da Gino Zinfollino. Basta preamboli…Buona lettura a tutti!
1) Ciao Nicola. Partiamo da quella che, probabilmente, è la domanda che vorrebbero farti tutti i tifosi neroverdi: che cosa vi è successo a metà febbraio? U.S. meritatamente in testa alla classifica di Campionato, con un gioco ed una coesione di squadra invidiabili, poi due sconfitte di fila tremende (a Bisceglie e contro il Fasano in casa, ndr) ed il crollo irreversibile…
“Penso che le cause siano state molteplici. Una di queste è senz’altro riconducibile al doppio infortunio di Rana e Manzari, i nostri due attaccanti più in forma in quel momento. Poi, fino a febbraio, siamo riusciti a sopperire a quelle difficoltà oggettive che c’erano già da agosto e che tutta la città, la società e il gruppo-squadra sapevano di avere… Abbiamo superato tutto con grande compattezza”.
2) L’Eccellenza 2017-2018 è stato un torneo “strano”, con più avvicendamenti in testa alla classifica e nessuna compagine cha ha mai dato, sul campo, l’impressione di poter ammazzare la concorrenza. Secondo te, qual è stato il livello medio dell’ultimo Campionato rispetto anche agli anni recenti? Le bitontine avrebbero potuto fare molto meglio, magari chiudendo entrambe ai primissimi posti?
“Il Campionato è stato di medio-alta qualità perché c’erano, a mio avviso, 7-8 squadre attrezzate per poterlo vincere. Le bitontine: l’U.S. ha avuto una grande dote, cioè quella di saper affrontare tutte le squadre come se fosse l’ultima partita dell’anno ed oltre alla corsa, al dinamismo, alla compattezza abbiamo anche espresso un buon calcio, fino a febbraio. Grandi meriti vanno al mister ed a noi giocatori che siamo stati ‘terreno fertile’ per le sue idee. Per quanto riguarda l’Omnia, stiamo comunque parlando di una squadra costruita per raggiungere grandi obiettivi, sia in partenza sia dopo il mercato di dicembre. Quello che stanno facendo ora è la normalità, non deve stupire perché i protagonisti sono importanti…”.
3) A proposito di ‘bitontinità’, un uomo di calcio navigato e saggio come te, cosa prevede / auspica per il futuro pallonaro della propria, amata città? Forse avere due squadre a questi livelli non è il massimo…
“Secondo me, la cosa più bella sarebbe avere il nome e i colori della città di Bitonto più in alto possibile, calcisticamente parlando, ma penso anche che i ‘derby ad alta quota’ siano affascinanti ed inoltre non siamo l’unica città ad aver vissuto questa esperienza stimolante a certi livelli”.
4) Tre anni fa, quando approdasti in maglia neroverde felice ed orgoglioso, parlasti di un sogno che si avverava e del miglior modo per chiudere la tua eccelsa carriera. Ma si sono davvero concluse le fatiche sul campo di Nicola De Santis…? Traccia un bel bilancio delle tue tre stagioni al servizio della più blasonata società sportiva di Bitonto.
“Sono orgogliosissimo di aver indossato questa maglia e di aver superato le 100 presenze in neroverde. Confermo che si è trattato di un sogno realizzato ed a qualsiasi giocatore piacerebbe indossare in campo la maglia della propria città. Spero tanto che questa appena conclusa non sia stata la mia ultima esperienza calcistica perché non mi pesa farlo e mi piacerebbe ancora trascinare tanti giovani con entusiastica professionalità e divertendomi”.
5) A tal proposito, in queste ultime tre stagioni sei stato indubbiamente la chioccia dei tuoi compagni di spogliatoio più giovani. In qualcuno di loro hai rivisto te agli inizi? E, soprattutto, secondo te “stiamo coperti” per il futuro del calcio bitontino a livello di talenti?
“No, non mi sono rivisto in nessun giovane. Essere un punto di riferimento all’interno di un gruppo, giovane o di età media più alta che sia, è veramente una soddisfazione grandissima tanto dal punto di vista umano quanto da quello calcistico. La cosa che mi piacerebbe inculcare a tutti – e che purtroppo manca tanto in giro – è lo spirito di sacrificio, dentro e soprattutto fuori dal campo, da parte di qualche giovane. Tuttavia, è stato bello lo spirito di sacrificio visto quest’anno nei bitontini D.O.C. Ezio Elia e Vincenzo Pagone, ai quali auguro il meglio, a Bitonto o fuori non importa”.
6) Chi sono state invece le tue guide, i tuoi modelli nell’universo-calcio?
“Uno su tutti: Antonio Dell’Oglio, con cui ho avuto la fortuna di giocare in C nella Turris e che ho preso personalmente come modello per il suo stile di vita. Tuttora continuo a comportarmi come lui in allenamento, in partita, negli spogliatoi e lontano dal campo. Sicuramente ci sono stati anche allenatori importanti per me, come ad esempio: Bitetto, D’Arrigo e Papadopulo. Senza dimenticare il binomio tutto bitontino Pizzulli-De Santis a Cerignola che, al di là dell’amarezza per la finale nazionale di Coppa Italia persa, ha rappresentato uno dei momenti più belli in carriera. Massimo è un amico”.
7) Dicci chi sono stati, quest’anno: gli avversari ed i compagni di squadra che più ti hanno impressionato, nonché la partita più bella disputata dal Bitonto.
“Patierno dell’Omnia e Montaldi del Fasano, per il loro correre e rincorrere gli avversari nonostante siano due grandi attaccanti. I compagni di squadra che mi hanno impressionato di più sono stati gli ‘under’ Pagone-Terrevoli, per la loro crescita esponenziale. Le partite indimenticabili del Bitonto sono state, per me: il ribaltone casalingo contro l’Avetrana e i due derby. Molto affascinanti…”.
8) Hai passato quasi vent’anni della tua vita sui campi del “calcio che conta”, poi sei andato a lottare con il medesimo ardore e con la solita, ineccepibile professionalità in D ed in Eccellenza. Cosa hai dato della tua persona ai tantissimi compagni di spogliatoio conosciuti e cosa lascerà in eredità al Nicola De Santis padre e allenatore dei piccoli calciatori il mondo dello Sport più amato dagli italiani?
“Il segnale più bello che rivivo giorno dopo giorno sono le chiamate dei miei ex compagni di squadra diventati allenatori, dirigenti, ecc. Questo perché si è condiviso momenti belli e momenti meno belli a cui, nella vita in generale, non si può rinunciare per crescere. Credo di essere stato sempre un esempio, al di là di tutto quello che si vive all’interno dello spogliatoio. Lo stesso entusiasmo porto con me quando mi viene data la possibilità di trasmettere la mia esperienza e le mie emozioni ai più piccoli, in cui vedo un punto di partenza per quello che potrà essere il futuro del calcio e della società italiana. Credo che anche ai più piccoli si possa insegnare professionalità e mentalità, rispettando gli altri senza l’assillo della vittoria, perché a quell’età le vittorie più belle sono quelle che dovranno arrivare in seguito, dentro e fuori dal rettangolo verde…”.