A scriverci questa
settimana, all’indirizzo rubriche@dabitonto.it è
la sig.ra Antonella S., di 45 anni
madre di tre figli, legalmente separata dal marito sig. Nicola N. in forza di decreto
di omologa di separazione personale consensuale emesso dal Presidente del Tribunale di Bari in data
05.12.2011.
Nella lunga ed
intensa mail, la sig.ra Antonella precisa che nell’ appena passata estate,
approfittando dell’assenza dei figli, tutti fuori casa per campi-scuola e
vacanze, ha avuto modo di rivedere il coniuge separato sig. Nicola N. e che
tale frequentazione unitamente alle frizzanti serate in compagnia di nuovi comuni
amici, avevano inevitabilmente riacceso vecchie fiamme, tanto che i due, per più
di una settimana avevano rivissuto la “travolgente
passione di un tempo”, la stessa che nel lontano 2000 li aveva portati a
coronare, in chiesa, il loro sogno d’amore.
Grande la
disillusione della nostra lettrice, una donna intimamente ferita, nel momento
in cui, ritornati i figli a casa, scopre che il sig. Nicola N. non ha alcuna
seria intenzione di tornare da lei.
Il sig. Nicola N.
infatti le comunica che a breve, procederà a mezzo del proprio difensore di
fiducia, a richiedere la dichiarazione della cessazione degli effetti civili
del matrimonio.
La domanda che vien
posta è la seguente: “posso oppormi a
tale sua determinazione, considerando che probabilmente il mio ex marito,
necessita solo di tempo per maturare la decisione di ritornare con me?”.
Lungi
dall’esprimere una valutazione in ordine ai fatti ed alla richiesta formulata, cerchiamo
di rispondere alla lettrice sig.ra Antonella S. premettendo quanto segue.
La procedura per la
separazione consensuale è decisamente semplice: è sufficiente accordarsi con il
coniuge su tutti i punti principali, quali, il mantenimento, l’affidamento dei
figli, l’assegnazione della casa familiare. E’ persino possibile che i due
futuri “ex coniugi” possano rivolgersi ad un solo avvocato. Presupposto è
ovviamente il comune accordo sul volersi separare e sul come dividere i beni e
decidere su come provvedere al benessere ed alla crescita di eventuali figli.
In questo caso si deposita il fascicolo presso la cancelleria del Tribunale e
si viene convocati per una udienza durante la quale, tentata la
conciliazione fra i coniugi, se questa fallisce, si procede con la visione delle
condizioni contenute in atti. Queste ultime, se rispettose dei dettami di
legge, vengono tendenzialmente approvate e omologate.
Ma ritorniamo alla
domanda posta dalla lettrice!
Decorso
il termine di tre anni dalla separazione, il procedimento
per la dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio, c.d.
divorzio, viene introdotto dal deposito in cancelleria di un ricorso e si
articola in due fasi distinte di cui la prima si svolge dinanzi al Presidente
del Tribunale del luogo di ultima residenza comune dei coniugi o del luogo di
residenza o domicilio del coniuge convenuto, mentre l’altra fase segue le forme
dell’ordinario giudizio di cognizione. Nella prima fase, il Presidente dopo
aver inutilmente esperito il tentativo di conciliazione previsto per legge,
pronuncia la cessazione degli effetti civili del matrimonio, conseguenti alla
trascizione del matrimonio concordatario. Tale pronuncia esige l’accertamento
da parte del Giudice di due presupposti: innanzitutto la cessazione della
comunione spirituale e materiale fra i coniugi, DA INTENDERSI COME
INEQUIVOCABILE VOLONTA’ degli stessi di pervenire alla cessazione del vincolo
coniugale per essere venuta meno la c.d. affectio coniugalis e successivamente,
tra le cause tassativamente indicate nell’art. 3 L. N. 898/1970, se la separazione si è protratta
ininterrottamente e senza riconciliazione per almeno tre anni a far
data dalla comparizione dei coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale per
l’omologa della separazione consensuale.
La sig.ra Antonella
S., però, non potrà far rilevare, nella sede opportuna, la presunta intervenuta
interruzione del periodo di tre anni previsto per legge.
Secondo consolidata
giurisprudenza, infatti la riconciliazione è un effettivo ripristino della vita
coniugale, che si determina mediante la ripresa dell’ universalità del
complesso di rapporti che caratterizzano il consorzio familiare, (non solo
quelli relativi all’aspetto materiale,
ma anche quelli che costituiscono la base della comunione spirituale) tali da riservare al coniuge la posizione di
“esclusivo” compagno di vita, adempiendo a tutti i doveri coniugali.
Pertanto, i Giudici
della Suprema Corte, hanno ritenuto che perchè ricorra un’ipotesi di
riconciliazione è indispensabile una chiara
ed effettiva volontà di restaurare una vita insieme, che si manifesta
con elementi oggettivi e accertabili che prevalgono sulla sfera dei sentimenti.
Acclarato questo
principio di carattere generale, la ripresa della convivenza, anche in via
sperimentale e per un breve periodo, pur possedendo un innegabile valore
presuntivo, non è stata ritenuta sufficente a concretare un’ipotesi di riconciliazione.
E’ agevole infine ricordare,
in relazione al divorzio, che la legge italiana attuale è molto distante da
quella di altri Paesi europei (in
Francia, per separazione consensuale non è necessario alcun periodo di
separazione, mentre se non è consensuale il divorzio può essere concesso dopo
soli due anni. In Gran Bretagna sono
previsti due o cinque anni di separazione, ma se si dichiara che vi è stato da parte
dell’altro coniuge un “comportamento che rende insostenibile la
prosecuzione del rapporto” il giudice può dichiarare immediatamente il
divorzio. In Germania è previsto un
anno di separazione se vi è consenso e tre se non c’è.), motivo per cui negli ultimi
mesi la Commissione Giustizia della Camera ha dato il via libera al testo base
riguardante il c.d. “divorzio breve”, con sostanziali modifiche proprio all’Art.
3 della legge n. 898/70 (c.d. divorzio). I tempi di approvazione saranno
decisamente più brevi. E’ proposta la possibilità di divorziare dopo un solo
anno di separazione, anziché dopo 3 anni come previsto dall’attuale legge. Sarà
addirittura possibile farlo anche solo dopo soli 9 mesi, purchè sussistano
determinate condizioni quali l’assenza di figli minorenni e l’ accordo
consensuale.
Inoltre, secondo lo schema del ddl, i nuovi termini decorreranno dal deposito
della domanda di separazione e non, come accade ora, dalla comparizione dei
coniugi di fronte al Presidente del Tribunale nella procedura di separazione.
Lo scioglimento della comunione dei beni, sarà possibile già dal momento in cui
arriva l’autorizzazione da parte del giudice a vivere separatamente le nuove
procedure, applicabili anche per i procedimenti in corso, introducono la
cancellazione dell’obbligo di un periodo di separazione di 3 anni prima di
poter avviare la pratica del divorzio. Il termine per ottenere il divorzio
scende così a 12 mesi per la separazione giudiziale e a 6 mesi per
quella consensuale, indipendentemente dalla presenza o meno di figli. Inoltre,
in caso di contenzioso, il termine decorre dalla notifica del ricorso. Il testo
approvato dalla Camera dispone che la comunione dei beni della coppia si
sciolga quando il giudice autorizza i coniugi a vivere separati o al momento di
sottoscrivere la separazione consensuale.
Il ddl attende ora il
vaglio del Senato.