È di poche settimane fa, la notizia dell’ultimo femminicidio, a Mariotto, che ha visto la morte di Lucia Chiapperini, per mano del marito Vincenzo Visaggi.
Non è il primo femminicidio, purtroppo, che insanguina la città di Bitonto. Tralasciando tutti quelli avvenuti in anni più recenti, raccontiamo, oggi, il primo caso del ventesimo secolo. Il probabile uxoricidio (all’epoca erano chiamati così) di Cenzina di Cagno, graziosa, istruita, elegante 21enne, appartenente ad una agiata famiglia di banchieri baresi.
Un caso di cronaca misterioso che sconvolse Bitonto e l’Italia intera. Poco dopo le 6.45, del 29 dicembre 1902 un rumore assordante rompe il silenzio in un villino in corso Vittorio Emanuele. Cenzina Di Cagno si era suicidata. Ufficialmente. Ma la parola “ufficiale” spesso non è sinonimo di vero. Dall’autopsia, da testimonianze e da circostanze emerse nel corso delle indagini emersero forti sospetti verso suo marito, il tenente dell’esercito Vito Modugno.
Il caso che fu seguito da tutta la stampa nazionale dell’epoca e, qualche anno fa, fu oggetto di studio da parte del giornalista Michele Cristallo, autore del volume “La misteriosa morte di Cenzina Di Cagno, “suicidata” dal marito”, edito da Adda Editore. Il giornalista fu ospite di un incontro organizzato dal Centro Ricerche di Storia e Arte.
I sospetti su Modugno erano motivato dal suo rapporto conflittuale con la moglie e dai crimini commessi in Cina, durante la rivolta dei Boxer. Condotte talmente orribili da pesare sulla reputazione dell’ufficiale: stupri, razzie, furti di opere d’arte e altre violenze ai danni della popolazione locale.
«Tra le varie gesta di Modugno, l’irruzione nella casa di un farmacista cinese che fu sepolto fino al collo in una fossa e costretto a rivelare dove nascondeva le sue ricchezze, sotto la minaccia di essere seppellito vivo» disse Cristallo, spiegando che il nostro concittadino (che, ovviamente, non è lo stesso tenente Modugno a cui è dedicata una via) tornò molto ricco dal paese asiatico. Gesta che non potevano che alimentare sospetti sulla sua responsabilità in quello strano caso di suicidio che si consumò a Bitonto, anche alla luce di un matrimonio tutt’altro che felice.
Il processo si svolse a Perugia e impegnò ben 96 udienze. I giudici popolari si divisero a metà: sei a favore della parte civile, sei a favore dell’imputato. Condizione che permise al tenente di essere assolto, grazie al principio “in dubio pro reo“. Modugno uscì indenne anche dal processo militare seguito alle sue gesta cinesi. Ma il mistero della morte di Cenzina Di Cagno alimentò ancora per molto tempo i dubbi iniziali e le cronache dei giornali.
Dopo il processo, Modugno si trasferì a Firenze con sua figlia. Qui morì nel 1918.