Un
altro concittadino degno della riconoscenza non solo dei bitontini, ma di tutti
gli Italiani è Giuseppe Laudisi, che nacque a Bitonto il 15 marzo 1833 da
Francesco e Francesca Agera.
Dopo
aver fatto i primi studi nella nostra città, si recò a Napoli per laurearsi in
giurisprudenza.
Durante
la sua permanenza partenopea per le sue idee liberali si unì ai patrioti
napoletani che si riunivano nel retrobottega della farmacia gestita dal
concittadino Giuseppe Scivittaro e congiuravano contro il governo borbonico.
Durante gli anni dell’Università allo
studio del Codice preferiva le profezie di Gioberti, i romanzi di Guerrazzi, le
poesie di Rossetti e di Berchet spiranti Amor
di Patria.
I
suoi amici trovavano la maniera, nei loro segreti cenacoli, di leggere i
giornali francesi o piemontesi ricevuti clandestinamente, là si scambiavano le
notizie e complottavano contro la tirannia.
Laudisi frequentava soprattutto il caffè De Angelis dove si riunivano gli
iscritti alla Società Nazionale del Lafarina per comporre i bollettini che
informavano sui progressi della causa
italiana e che venivano inviati ai comitati provinciali comunali.
Una
volta, durante una dimostrazione a porte chiuse per la vittoria di Solferino (24 giugno
1859), i gendarmi borbonici circondarono
la villa in cui si trovavano i liberali e
chiusero i cancelli per impedirne la fuga; di guardia c‘era un soldato
bitontino che, avendo riconosciuto Laudisi, gli fece cenno di uscire.
Nel
1860 il nostro concittadino ebbe incarichi molto delicati, tra cui quello di
promuovere segretamente l’annessione
delle provincie meridionali al Regno
di Sardegna: tutti i comuni dovevano
invitare il Re Vittorio Emanuele II a
recarsi a Napoli e dovevano procedere ai Plebisciti.
Laudisi
ben presto noleggiò una carrozza a sue spese e, attraverso pericoli e fatiche,
giunse a Bari, ne parlò al Rogadeo, governatore di questa terra da pochi
giorni, e procedé nel suo mandato.
In
quindici giorni gli indirizzi a Vittorio Emanuele e i risultati dei plebisciti
furono raccolti e portati al Re di Sardegna.
A
Bitonto, sempre nel 1860, il padre di Laudisi, Francesco, faceva parte del
governo cittadino, e lo troviamo, in un documento del 30 novembre, che si firma
come decurione funzionante da sindaco.
Dopo
la proclamazione del Regno d’Italia, Laudisi
ebbe la nomina a Consigliere di Governo, ma gentilmente rifiutò per
terminare i suoi studi . Appena si laureò, la famiglia lo volle a Bitonto;
egli ubbidì ma non sentì mai la
vocazione di fare l’avvocato.
Poco
dopo accettò la nomina di Ispettore agli Studi nella Provincia di
Bari e, successivamente, fu nominato Provveditore agli Studi a Bari, a
Siena, a Parma, ad Ancona, e di nuovo a Bari, dove rimase 34 anni.
Per
la provincia di Bari fu un grande
benemerito della pubblica istruzione , per la quale sacrificò i migliori anni della sua vita. Fu
idolatrato dagli insegnanti per i quali più che superiore fu padre e amico.
A Bari
entrò a far parte dallaCommissione provinciale di Archeologia e Storia Patria alla Società di Storia
Patria per la Puglia e nella tornata del 16 agosto 1875, con il consigliere Raffaele De Cesare prendeva
la parola sulla istituzione del Museo e sull’opera che la Commissione di
Archeologia e Storia Patria doveva svolgere. Il 5 ottobre 1875 la Commissione
fu effettivamente insediata.
Un gruppo
di studiosi tra cui Giuseppe Laudisi, Luigi Sylos, Sabino Fiorese, Andrea
Gabrieli, Giuseppe de Ninno, Giuseppe Maselli-Campagna, Francesco Colavecchio,
il 14 gennaio 1894 promuoveva un movimento a favore della costituzione di una
Società di Studi storici pugliesi, che diede vita all’ « Archivio Storico Pugliese”, diretto dall’ing. Luigi Sylos, anch’egli
di Bitonto.
Nel
1895 e nel 1900 fu eletto Deputato al Parlamento dal collegio di Bitonto,
Terlizzi e Giovinazzo.
Appartenne
alla Destra Storica e propose delle riforme
per il progresso della scuola, per il decentramento amministrativo e
caldeggiò soprattutto la pace con il Vaticano. Nel 1900 fu relatore in
Parlamento della petizione di diecimila maestri e, da profondo pedagogista ed
economista, propugnò una serie di riforme, sia didattiche che economiche, che
solo dopo 30 anni, in pieno regime fascista, trovarono la loro risoluzione.
Nelle
elezioni politiche del 1913, le prime a suffragio universale, in cui fu
permesso di esprimere il proprio voto a tutti i maggiorenni (coloro che avevano
compiuto 21 anni) maschi, la teppaglia, capitanata dal famigerato capo dei
mazzieri, Rè Necòule, o Nicola il tignoso, assoldata dal candidato Domenico
Cioffrese impedì che si raccogliessero le firme per la sua candidatura e non
poté partecipare a quelle votazioni.
L’esito
di quelle votazioni fu il seguente: Domenico Cioffrese: voti n. 7199, Gaetano Salvemini n. 13!!!
Giuseppe
Laudisi morì in tardissima età a Bari.