È risaputo che il nostro è un paese di “poeti, santi e
navigatori”, che la nostra “creatività” è invidiata da tutto il
mondo, ma siamo molto indietro, oserei dire “all’età della pietra”, per
quel che riguarda la digitalizzazione informatica.
Il digital divide che ci separa da altri
paesi sembra quasi incolmabile: nella scuola sono quasi del tutto assenti corsi
seri sia di alfabetizzazione che avanzati di informatica; nella pubblica amministrazione in genere
manca la competenza necessaria per l’uso degli strumenti informatici.
Il nostro paese quindi, da essere uno tra i primi al
mondo per competenza, innovazione tecnologica, ricerca, sperimentazione,
produzione, ecc. sta ad essere superato da paesi che sino a qualche anno fa
erano considerati da terzo mondo.
Sono molti i paesi che stanno prendendo in seria
considerazione Linux e software open source per le proprie
infrastrutture. Dopo l’Uruguay anche la Cina, il Giapponee Corea del Sud hanno portato o stanno seriamente pensando di migrare
verso Linux i propri personal computer come alternativa a
Microsoft Windows.
La migrazione da
Windows a Linux farà risparmiare moltissimi soldi pubblici alla Corea del Sudche potranno essere investiti nel migliorare i servizi pubblici garantendo
inoltre sistemi stabili e soprattutto molto più sicuri. Il piano di migrazione
è stato istituito con l’obiettivo di creare un ambiente di computing non più
sbilanciato verso un solo sistema operativo e altresì per creare un
ecosistema di software open source nazionale attraverso una stretta
collaborazione fra pubblico e privato.
A questo
punto la domanda sorge spontanea: E noi, che faremo? Che farà il nostro bel
paese?
A questa domanda vorrei rispondere con una parte
dell’articolo di Roberto Venturini pubblicato nel lontano 2006 per il sito on
line di Apogeo:
«Certe
mattine mi sveglio, sapete, con un dubbio macroeconomico. Non sarà, per caso,
che da noi c’è un sacco di gente che dovrebbe rimboccarsi le maniche? O meglio,
fare prima un bel pensiero su cosa vuole (deve) fare nei prossimi anni questo
benedetto paese, definire dei sani obiettivi e poi tutti insieme giù olio di
gomito, fantasia ed entusiasmo? Possiamo scegliere, questa nazione potrebbe
fare tante cose: per esempio, diventare la meta turistica preferita, un po’
arretrata e molto folcloristica (possibilmente monarchica), dei ricchi coreani
del futuro, padroni dell’industria high-tech mondiale.
O
possiamo forse aspirare a qualcosa di meglio?»
Sperando
di avervi fatto cosa gradita, vi ricordo che potete contattarmi al
seguente
indirizzo email: michele.savino.51@gmail.com.