Ultimamente mi sono trovato a fronteggiare, nella mia attività di docente, il problema dell’approccio al desiderio sessuale dei ragazzi con disabilità nei confronti dell’altro sesso. Problema delicatissimo, in quanto un intervento sbagliato sarebbe traumatico per le persone interessate.
Può essere comprensibile lo scoraggiamento a cui queste difficoltà possono portare, come può risultare quasi normale il desiderio di gettare la spugna non solo da parte della famiglia interessata ma anche, con conseguenze sempre impreviste, da parte degli operatori e della società.
Tuttavia queste stesse difficoltà vanno lette anche come una sfida alla persona colpita, alla sua famiglia e anche a tutti noi. Sfida alla nostra capacità di accettazione, alla nostra apertura mentale, alla nostra duttilità e intelligenza; sfida molto difficile da affrontare e risolvere.
Ebbene, anche la sua vita affettiva e sessuale è una sfida: alla nostra sensibilità, alla nostra morale che può essere un impedimento alla risoluzione dei problemi connessi.
Per affrontarli dobbiamo prima comprendere che cosa spinge l’essere umano a un rapporto affettivo e sessuale di coppia.
Un ragazzo si avvicina a una ragazza, un uomo a una donna spinto da varie pulsioni interiori: una di queste è la paura della solitudine.
Nessun essere vivente è nato per essere solo. La solitudine impoverisce e fa morire lentamente un uomo o una donna, così come un qualunque altro essere vivente, che ha bisogno dell’altro per iniziare a vivere, per aprirsi al mondo, ma anche per camminare nel mondo.
Accanto a questo elemento c’è il bisogno di protezione, di aiuto, di conforto, di sicurezza. C’è il bisogno di un dialogo intimo con un altro essere umano, a cui aprire il nostro cuore, quando capiamo che sarà pronto ad accoglierlo e accettarlo.
Ma ancora più importante ci appare il bisogno del piacere e della gioia, che caratterizzano lo scambio affettivo e sessuale; pulsioni che sono fondamentali per la crescita fisica e della propria personalità.
Ma anche fattori inconsci che non conoscevamo e che l’approccio con l’altro sesso ha portato a galla, destabilizzando il nostro modo di guardare la realtà.
Da quanto abbiamo detto, ci appare difficile pensare che una persona, solo perché menomata in una o più funzioni, possa fare a meno, rinunciare o allontanare da sé questi bisogni umani fondamentali.
Dobbiamo quindi, e questa è la sfida, individuare le difficoltà e studiare le possibilità di intervento, in modo tale da diminuire le prime e rendere sempre più concrete le seconde, fino a far diventare vivibile, per queste persone, una vita relazionale, affettiva e sessuale, la più ricca e serena possibile.
Vi sono sicuramente dei limiti. Molti di essi derivano dalla disabilità stessa che rende difficile un impegno così pieno di responsabilità, di implicazioni e coinvolgimenti emotivi.
Altri limiti nascono dalle ridotte possibilità di scelta che ha il disabile rispetto al giovane normale, quando sboccia in lui e si manifesta impetuoso il bisogno di amare e di essere amato.
Ma ci sono limitazioni che nascono dal legame particolare che spesso si stabilisce tra i genitori e il figlio con problemi. Molti di questi genitori, infatti, vedono il figlio come qualcuno che chiede e ha continuamente bisogno degli altri e non come qualcuno che è capace di dare e di staccarsi pienamente dal legame affettivo con la famiglia di origine, per intraprendere una vita affettivo – relazionale autonoma.
Questa possibilità, da parte dei genitori, ma anche degli operatori, non solo non viene vista come obiettivo possibile, ma anzi viene negata o rifiutata quando nasce o si manifesta.
In realtà ci si fa cogliere da dubbi e inadeguatezza ad affrontare un problema così delicato.
Il rapporto tra operatori, educatori, genitori e familiari deve essere sinergico e tutti si devono porre come obiettivo il graduale superamento dei problemi presenti e la conquista da parte del minore di relazioni affettive sempre più complete.
Essi devono inoltre impegnarsi, giorno dopo giorno, ad educare il giovane disabile in questi aspetti così importanti della realtà umana, in modo da renderlo pronto ad affrontarli e viverli con pienezza, nel momento in cui si presenteranno o saranno richiesti.
Nasceranno infatti sicuramente, e molto presto, sentimenti d’amicizia che hanno bisogno, per essere vissuti pienamente, di buone capacità di dialogo e di ascolto, ma anche di disponibilità al sostegno, alla comprensione e all’aiuto della persona che ce lo chiede.
E’ una grande responsabilità, verso se stessi e gli altri. Ma tanto più si manifestano i primi impulsi sessuali, maggiore sarà l’impegno di canalizzarli in un’esistenza consapevole e matura, evitando di reprimere le pulsioni incontrollate, attraverso il dialogo tra tutte le parti interessate, strumento insostibuile per una crescita reciproca.