E’ da qualche settimana disponibile sulle principali piattaforme di streaming, un nuovo podcast sull’immane tragedia dell’hotel Rigopiano – Gran Sasso Resort, struttura alberghiera a circa 1.200 metri di altitudine sul versante pescarese del Gran Sasso in località Rigopiano, frazione del comune di Farindola, in Abruzzo, che alle 16,49 del 18 gennaio 2017 venne travolto e raso al suolo da una valanga che uccise 29 delle 40 persone che si trovavano al suo interno, intrappolate per ore, tra neve e detriti.
Quel giorno il bollettino del servizio nazionale di previsione neve e valanghe emesso da Meteomont indicava in zona un grado di pericolo pari a 4 su una scala da 1 a 5. Già nel mattino un’abbondante nevicata aveva ostruito l’unica via di comunicazione che collega l’albergo con il fondovalle. Nel primo pomeriggio gli ospiti dell’hotel, spaventati per la situazione, erano già pronti ad andarsene con i loro bagagli, ma la turbina spazzaneve che avrebbe dovuto liberare la strada tardò ad arrivare e le persone rimasero bloccate nella struttura. Alle 15,41 una valanga si staccò dal Monte Siella, si insinuò in un canyon e andò a colpire l’hotel ad una velocità di circa 100 km orari sfondandone le pareti e spostandola di circa dieci metri verso valle rispetto alla posizione originaria.
Gli otto episodi del podcast partono da quello che è l’interrogativo principale dietro ogni tragedia: si è trattato di una tragica fatalità oppure quelle persone non dovevano trovarsi lì? Perché non è stata liberata per tempo l’unica via di fuga?
La storia tenta di spiegare, mettendo in ordine i fatti, le azioni e le omissioni. Essa parte dalle ore tragiche dell’incidente e piano piano, dando spazio alle voci dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime, spinge l’altalena delle emozioni che ora tocca il picco dell’angoscia, ora quello del sollievo, ora quello della rabbia. E’ la rabbia che monta quando scorre l’audio delle telefonate di aiuto liquidate con disarmante superficialità, è la rabbia che monta quando una guida alpina, membro della Commissione regionale che nel 1992 aveva dato vita alla legge regionale nota come “Carta valanghe”, spiega che se quella legge fosse stata applicata allora, non avrebbe mai permesso la costruzione dell’hotel Rigopiano in quel punto.
Ascoltare minuto dopo minuto, episodio dopo episodio, questo podcast è un’esperienza immersiva che non lascia indifferenti: gli audio delle ultime telefonate, le immagini dei soccorsi, quelle dei salvataggi accompagnati da urli di giubilo dei vigili del fuoco, la vita e la morte che si alternano come in una roulette russa. Il podcast evidenzia anche l’angoscia delle famiglie colpite dal lutto alla vigilia della sentenza della Corte di Cassazione che avrebbe deciso se mettere la parola fine al processo che, in secondo grado a L’aquila, aveva disposto 8 condanne e 22 assoluzioni.
La sentenza è stata emessa il 3 dicembre scorso ed ha ridato speranza alla loro sete di giustizia: la Suprema Corte, infatti, ha confermato la condanna per l’ex Prefetto di Pescara e per il suo Capo di gabinetto, ha disposto che il processo di secondo grado dovrà essere rifatto per i sei dirigenti della Regione Abruzzo, rappresentanti dell’Autorità regionale di protezione civile, assolti nei precedenti gradi di giudizio, nonché per il Sindaco di Farindola ed il tecnico comunale, infine per i 5 dirigenti della Provincia di Pescara. La prescrizione incombe, ma l’accertamento delle responsabilità sembra ben avviato e necessita, per la Cassazione, di un più giusto processo d’appello bis, quello invocato dai parenti sin dal primo giorno, sulle macerie di una tragedia che appare sempre più una tragedia annunciata.
(rubrica a cura di Gaetano Tufariello – foto Consiglio nazionale di Geologi)